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Quell’imprevedibile 1992

  • Febbraio 24, 2023
  • Alfonso Mauro
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Per i tipi di Viella Editrice, il saggio storico del professore e consigliere comunale pellezzanese Andrea Marino offre un “antidoto”, una nuova prospettiva sullo scandalo che sgretolò la Prima Repubblica. “L’antidoto proposto ha voluto riflettere sull’inappagata tensione morale di una generazione che ha immaginato una palingenesi etica del Paese”

di ALFONSO MAURO

Lo scandalo “Götterdämmerung” della (Prima) Repubblica partitica, sotto la sollecita lente dello storico che la riesamina a distanza di trent’anni e con copia di fonti e spunti ulteriori, si configura quale inevitabile risultato insito nella cinquantennale premessa socio-politica (se non nella tradizione interpretativa sull’eccezionalismo italiano), e quindi deterministicamente verificatosi come “morte annunciata” per il senno di poi; o come congiuntura straordinaria nella temperie giudiziaria, mediatica, d’opinione pubblica, di rimescolio politico (e geopolitico) alla luce dei cui storiografici e cronachistici caveat il crollo consegue imprevedibile quanto esiziale? E inoltre: l’ondata di delegittimazione della vecchia politica partitica, massime dell’ancien régime democristiano-socialista pentapartitico ma poi totale (e che ancora oggi ci accompagna), si caratterizzò quale quasi-profetica, e popolare, reificazione-cortocircuito della questione morale berlingueriana; o fu un direzionato, intenzionale riassetto dell’agone politico e dunque degli equilibri di potere, a giovamento di qualche formazione nuova e nuovissima e nocumento di un establishment innegabilmente corrotto? E ancora, ma più tra le righe, defilato in qualche considerazione iniziale e finale: il lascito di Mani Pulite è stato tradito, ha avuto ripercussioni negative, o è ganglio intrascurabile?

Questi, in sunta sostanza, gli interrogativi cui risponde il saggio “L’imprevedibile 1992. Tangentopoli: rivoluzione morale o conflitto di potere?”, uscito per i tipi di Viella Editrice a firma del professore Andrea Marino, docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno, e delegato a cultura, innovazione tecnologica, viabilità, e attività produttive del Comune di Pellezzano. La chirurgica, impeccabile sollecitudine del dettato si lascia sin dalle prime pagine trascinare in una risposta triplice spoiler degli interrogativi di cui sopra; ma nondimeno la lettura è appassionante e capace di indignare anche chi per motivi biografici non può scientemente ricordare quei giorni magmatici tra Pio Albergo Trivulzio e “discesa in campo” dell’uomo “nuovo” paradossalmente favorito dall’antipolitica-antipartitica — prologo ed epilogo tra i quali lo psico-drammatico coturno è calzato anche qui in istampa da dozzine di nomi, e dall’opinione pubblica come mai prima.
 
Coro e personaggi. L’antidoto (di cui a titolo della collana editoriale in cui è inserito il saggio, e qualche volta con metatestuale vezzo evocato dal saggista) è lo spostamento di focus della ricerca onde rifuggire l’eziologia fatalista eccessivamente sedimentata nell’immaginario collettivo circa lo sgretolarsi della Prima Repubblica; dunque non (solamente) una diacronica crisi connaturata al sistema, ma, piuttosto, e in lettura meno superficiale, contingenza sincronica in cui il ruolo degli attori singoli e collettivi che decidono farsene strumento, lungi dall’essere come di consueto ridimensionato a effetto, va assurto a concausa — non ultima quella di lettori e telespettatori (“la rivoluzione dei telespettatori”) condotti, per mano di tirature giornalistiche e ascolti televisivi, alla scoperta italiana dell’infotainment seduto nel solco tra Secolo breve e Ventunesimo, tra giustizialismo e garantismo, tra adorazione e riprovazione del “leviatano”.
 
Un vero e proprio mutamento di regime senza colpi di stato analizzato attraverso una piccolissima quanto significativa rivoluzione copernicana, un historiographical shift concentrato in 170 pagine capaci sì di governare una materia tumultuosa, multiforme e interconnessa come sa essere la storia contemporane(issim)a, ma che al contempo, dando per scontate larghe parti di conoscenze cronachistiche pregresse da parte del potenziale lettore non-accademico, rischia il peccato veniale di soverchiare quest’ultimo. Ma forse è questo il ruolo di ogni antidoto concentrato — e, in questo caso, restando in metafora, se altro medicamento (letture e approfondimenti) è necessario a corollario di quello già somministrato a soluzione di qualche fraintendimento giornalistico-storiografico, la civica coscienza di chi ancor vive nella medesima realtà che ha anche in Tangentopoli fondamento non potrà che giovarsene. «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza…»
E se la materia è tale da destare e rimestare furori per vicinanza cronologica e, diremmo, sentimentale, ben venga l’irreprensibile penna dello storico che ci invita a mutare prospettiva circa un “biennio rivoluzionario” non mera soluzione di una più o meno sostanziata anomalia italiana per mezzo di corale adesione etico-morale, ma anche (piuttosto?) contingente (per taluni faziosa, se non addirittura opportunistica) reazione a dati evenemenziali, che crearono e conobbero “imprenditori della crisi”, e che infatti non sortì il palingenetico risultato che le millenaristiche aspettative sembrarono adocchiare delle colonne d’elzeviro e dalle onde dei tubi catodici. Ma forse anche parlare di “popolo tradito” non appartiene alla categoria analitica in questione, quantunque anche un certo populismo possa rintracciare la sua genetica nel fenomeno giudiziario-politico-mediatico co-icastico della Repubblica Italiana.

Dopo l’altrettanto significativo volume “La Campania dei partiti. Stato centrale e poteri locali”, edito per Rubbettino (2020), Marino torna a dedicarsi alla Storia politica, a colpo sicuro affondando i gomiti nella materia viva, e con spirito non compendiale ma socio-politologico. Tant’è vero che altri interrogativi potrebbero affiorare dalla risposta ai precedenti — ed è anche questo il bello della Scienza Storica e di quando essa si sottrae al chiacchiericcio da (e circa le) tribune politiche per porsi tra Accademia e magari civismo, amica di consapevolezza e intelligenza.

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Alfonso Mauro

Alfonso Mauro (1989) ha studiato Storia e Filosofia all'Università degli Studi di Napoli Federico II. Lavora come interprete e traduttore nel turismo, presso l'azienda vitivinicola Le Vigne di Raito; ed è condirettore artistico della rassegna culturale vietrese "La Congrega Letteraria". Le Belle Lettere, e la Musica classica e lirica sono la sua passione.

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