Maestro con allievi in San Domenico per il secondo appuntamento per la rassegna Le primule musicali promossa dalla Associazione Culturale AthenaMuse, in collaborazione con la Scuola Italiana d’Archi e la sua orchestra, sotto la direzione dei maestri Joao Carlos Parreira Chueire e Stefano Pagliani hanno conquistato pubblico e critica eseguendo Chausson, Wieniawski, Paganini e De Sarasate
Accorsata, come oramai d’abitudine, anche la seconda serata della Rassegna “Le primule musicali”, giunta alla sua seconda edizione, promossa dalla Associazione Culturale AthenaMuse, in collaborazione con la Scuola Italiana d’Archi e la sua orchestra, sotto la direzione dei maestri Joao Carlos Parreira Chueire e Stefano Pagliani, che ha fatto tappa nella Chiesa di San Domenico. Padrino del concerto e dei due giovani violinisti che hanno, oramai, una carriera già ben consolidata, Ilya Grubert, premio Paganini 1977, il quale si è voluto presentare al pubblico salernitano con una trascrizione del Poème de l’Amour e de la mer op.19 di Ernest Chausson, sostenuto dall’Orchestra Italiana d’Archi, una creatura di Stefano Pagliani, e da lui stesso diretta. Sicuramente, la formazione si è ben messa in luce per suono e colori in questo brano, in dialogo con il violino solista che ben poco ha concesso all’esteriore efflorescenza melodica, offrendo una connotazione particolarmente sobria, in un eloquio strumentale svoltosi attraverso alcuni tocchi di raffinata concezione, diremmo cameristica, ma aprendosi ad alcuni squarci lirici, unitamente ad una raccolta sommessa cantabilità. Quindi, Ilya Grubert ha inteso salutare con il Souvenir de Moscow op.6 di Henryk Wieniawski. Scrittura trascendentale spinta ai massimi livelli, ebbrezza del rischio, bellezza del vibrato e leggerezza dei colpi d’arco, per questo brano che racchiude l’essenza del violinismo virtuosistico. Padronanza tecnica adamantina, ma non è il virtuosismo che contraddistingue maggiormente lo stile esecutivo del violinista, ma ne è il presupposto indispensabile per esprimere la sua grande personalità d’interprete, fatta di fantasia e profusione d’intenzioni di lettura che sembrano inesauribili e che, al contempo, sono riconducibili ad una profonda coerenza complessiva dell’interpretazione. Il senso del fraseggio, del ritmo e del respiro della tornitura melodica, la cura delle sfumature nell’attacco del suono e nell’articolazione ne fanno un musicista non comune. Standing ovation per Ilya Grubert, che ha passato il testimone al Pagliani junior, Mattia, alle prese con il Paganini, del Concerto n.1, op.6 in re maggiore. Chiarezza ed eleganza per Mattia, sufficienti ad evitare ogni deriva sentimentalistica con l’orchestra che ha trovato colori tendenzialmente scuri, andando a completare la tavolozza di un’espressione per così dire antica, che si è rivelata congeniale ad un approccio quasi introspettivo, proposto dal violinista. Esecuzione asciutta dell’Allegro Maestoso, con i suoi fatidici due temi, il primo ironico e danzante , il secondo più calmo e melanconico con cadenza Sauret, e campionario tecnico sciorinato nello sviluppo. Un debutto, il suo, molto controllato nel tempo, senza mai spingere sul pedale dell’acceleratore, quanto meno sulla corda patetica, certamente, un primo e deciso passo, con buoni numeri, tra quanti vogliono cimentarsi a conseguire la patente nel repertorio paganiniano, badando non solo ad arrivare in fondo, come è d’uso comune. Gran finale affidato a Pasquale Picone che ha brillantemente affrontato la Zigeunerweisen op. 20 di Pablo de Sarasate, giovane dal suono deciso, con il fitto dialogo che ha instaurato immediatamente con l’orchestra, che ha posto in luce una fresca vivacità musicale, cantando impavidamente l’intensità più viva e nascosta di queste pagine complesse, in cui ha fatto sua l’essenza d’improvvisazione della musica tzigana. Trasparenza e lucidità da parte del solista e del direttore, che non ha impedito affatto, l’esplosione lavica e tellurica di una musica che acquisisce anche profondità nell’interpretazione attenta al diagramma emozionale della partitura. Pasquale Picone si avvia, a divenire uno strumentista dalla tecnica preziosa, qualità propriamente interpretative particolari, rigore e senso di freschezza, fantasia d’invenzione, gusto per la cantabilità lirica, non meno che per la drammatizzazione della resa esecutiva, sensibilità per le sfumature del fraseggio e per le dinamiche. Applausi scroscianti del pubblico e appuntamento con Le Primule di AthenaMuse, per il 7 giugno nella chiesa di San Benedetto che ospiterà il concerto finale.


