Maria Rosaria Boccia, cacciatrice di uomini e ricoperta di “gioielli”, quali incarichi, viaggi griffati dal nostro ex-ministro della “Cultura” ha evocato il fantasma del la Contessa di Castiglione, quasi nominata consigliera per i grandi eventi culturali. Avrebbe fatto il doppio con la consigliera della musica Beatrice Venezi, simboli di mediocrazia e, purtroppo, governance che attanagliano la nostra societĂ dagli anni ’90. Â
di OLGA CHIEFFI
Il caso Sangiuliano-Boccia, che ha infiammato questa bollente coda d’estate, è simbolo e testimonianza reale di quanto espresso nei tre volumi del filosofo canadese Alain Deneault circa economia e politiche governative attuali, “Offshore. Paradisi fiscali e sovranitĂ criminale” del 2010 ed. Ombre Corte e,  con la Neri Pozza, i testi basilari “La mediocrazia” datata 2017, “Governance. Il management totalitario”, dell’anno successivo ed “Economia dell’ odio” uscito nel 2019. Quante perle nere ha vomitato dalla sua bocca il ministro della “Cultura” Gennaro Sangiuliano, nei suoi due anni di governo? Troppe. Avrebbe continuato comodamente ad espletare il suo mandato, qualora un’arrampicatrice sociale, tal Maria Rosaria Boccia da Scafati, titolare del negozio “Fashion Boccia Donna”, rampolla di una famiglia di rivenditori di abiti da cerimonia, perita tessile, due splendide lauree ottenute in universitĂ private, quelle cui ci si rivolge per rimpinguare il proprio portfolio di titolicchi e, purtroppo, alimentare l’adagio “Carta canta!”, nei confronti di quanti effettivamente “sanno”, avendo dedicato una vita allo studio serio, si fosse messa per lo mezzo. Lei divorziata da un anno, lui sposato da un lustro con la giornalista Federica Corsini, impalmata negli anni della sua vicedirezione Rai, Maria Rosaria Boccia ci ha fatto balenare alla mente, la liaison di Napoleone III, definito “Napoleone il piccolo”, dal suo irriducibile nemico Victor Hugo, che vedeva solo una farsa in quella seconda volta della storia, che aveva portato il nipote a bissare e prendere il nome e il titolo di Imperatore dei Francesi del Grande, suo zio, con la  Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione, cugina di Camillo Benso conte di Cavour, la sua favorita, attraverso cui, riuscì a conquistare sufficiente credito per ottenere, nel luglio del 1858, il famoso incontro, presso Plombières, ove convennero di unire le forze contro gli Austriaci, nella seconda guerra d’Indipendenza. Amante anche di Vittorio Emanuele II, la vita della Contessa, una “statua di carne”, come la definì la principessa di Metternich, dagli occhi di ametista, fu data in sposa al conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d’Asti e di Castiglione Tinella, facoltoso vedovo di dodici anni piĂą grande, che le permise di muoversi in societĂ a suo piacimento, con un immenso patrimonio a disposizione. La vita della Contessa fu così costellata di intrighi, amori e politica, per culminare in un finale totalmente inaspettato. Indesiderata alla corte di Francia, dopo i due attentati all’Imperatore, che la ricopriva d’oro; nell’ultimo periodo, per non vedere la sua decadenza fisica, si dice velasse il volto, coprisse gli specchi e uscisse solo di notte. Sfrattata dal suo appartamento di Place VendĂ´me, morì in solitudine a Parigi il 28 novembre 1899, esprimendo il desiderio di essere sepolta a La Spezia con tutti i suoi gioielli, la camicia da notte verde acqua indossata a Compiègne, nella notte di seduzione di Napoleone III, e i suoi due pechinesi imbalsamanti. Ci è mancato veramente poco che l’imprenditrice scafatese della bellezza, tra viaggi, luoghi e griffe di vaglia, delle quali è sacrilegio, oggi, fare a meno, selfie con divi e divette, nei vari eventi che frequentava, fosse nominata “Consigliere per i Grandi Eventi” del Ministero della “Cul-tura”, diventando, così, la seconda amazzone a supporto di Gennaro Sangiuliano, dopo la sacerdotessa consigliera della Musica Beatrice Venezi. Tresca prontamente scoperta e “Una furtiva lacrima negli occhi suoi spuntò”, per dirla con il Donizetti dell’Elisir d’amore, ignobilmente, in Rai e in diretta al Tg1. La influencer, eternamente connessa, sempre sul pezzo, inasprirĂ ora certamente la sua battaglia sui social, in modo che “Sotto il pubblico flagello per gran sorte va(da) a crepar”, e siamo a “La calunnia” rossiniana, con messaggi e chat resi pubblici, dichiarata ai principi d’agosto, con una significativa frase, di inconfondibile eleganza, comparsa su Instagram: “Ricordati che la vita è come un ristorante: nessuno se ne va senza pagare”. Una storia questa della dinamica coppia, che è simbolo forte di “Governance”, un termine che applicato a questo “tempo della fine”, sta per ora e subito, messo in opera da mediocri dai poteri decisionali, che ci fanno incamminare in un presente svuotato di ogni significato e privo di finalitĂ . Scomparso il bene pubblico, ecco il partenariato, che lascia spazio a un rapporto manageriale di ogni individuo con se stesso. Dal conformismo, dalla mediocrazia, dalla futile ambizione, vengono fuori i “personaggetti” di queste storie: finanche a scuola e nelle arti bisognerĂ avere risultati da vendere nel mercato, non ci sono oramai piĂą docenti, nĂ© studenti, ma degli imprenditori di se stessi, attraverso, progetti, crediti e titoli, il piĂą delle volte acquistati e vuoti. Come ci potremo mai salvare da Sangiuliano, chi lo segue e dalle sue amazzoni? Siamo pessimisti ma, Aristotele nel “De generatione et corruptione” scrive che il sapere rientra nella generazione e l’ignoranza, invece alla corruzione, che ha portato a questo sistema dove, per affacciarsi alla vita pubblica, ovvero a governare, non occorre altro che occupare il momento medio elevato a programma, abbracciare nozioni feticcio quali provvedimenti equilibrati, giusto centro o compromesso, insomma essere perfettamente, impeccabilmente mediocri, facendo propria con naturalezza l’espressione “alti standard di qualitĂ e quantitĂ , nel rispetto dei valori di eccellenza”, salutando opportunamente le persone giuste. Come rompere il sistema? Forse facendo un passo deciso indietro a cominciare, noi crediamo, proprio dal sistema scuola, disperso in infiniti rivoli, competenze, corsi, attestati e brevettini, che fanno perdere il vero focus a quanti varchino il portone di un’istituzione scolastica, dalla primaria, alle accademie, agli atenei, degli obiettivi veri e seri da raggiungere per se stessi. Auspichiamo il ritorno ad una formazione in cui il termine tĂ©chne, dovrĂ riacquistare il suo iniziale significato, ovvero arte, perizia, conoscenza, e i precettori, insegnanti, professori, docenti, badare a creare le condizioni della “trasmissione” del sapere, offrendo gli strumenti, producendo la scintilla per quel domandare e domandarsi continuo, ossessivo, poichĂ© la cultura, le arti fanno parte di un viaggio che non avrĂ alcuna meta definita, alcun approdo sicuro, (Ulisse), del quale ogni tappa raggiunta potrĂ e dovrĂ essere costantemente, in perpetuo, distrutta e ricostruita, superata, reinventata, fino alla fine. Questa la via per dissolvere le beffe di questi nostri ridicoli e mediocri contemporanei, incapaci di immaginare il giorno in cui i loro stolidi obiettivi, basati su promesse, giuramenti, sondaggi, scambi, favori, regali, saranno considerati “scontati”.