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Un salto nella Belle Époque

  • Novembre 17, 2023
  • Olga Chieffi
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Matinée con Salerno Classica, domenica 19 novembre in Sala Pasolini alle ore 11,45, con il concerto dell’ Ensemble diretto da Paolo Scibilia, il soprano Olga De Maio e il tenore Luca Lupoli con degustazione a cura di Mila Vuolo, per ricreare l’atmosfera di un vero e proprio caffè concerto

di OLGA CHIEFFI

Domenica 19 novembre ritornano i matinée di Salerno Classica, promossi dall’Associazione Gestione Musica, guidata dal cellista Francesco D’Arcangelo, che la porta a spaziare tra i diversi generi musicali e prestigiosi ospiti, puntando a recuperare i valori della musica in un’ottica di dinamicità, innovazione, esperienza e dialogo, che ha portato la direzione ad ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo per un triennio. Francesco D’Arcangelo alle 11,45 ha pensato di trasformare il Teatro Pasolini in un vero e proprio caffè concerto attraverso la performance del Belle Époque Ensemble, che schiererà Armand Priftuli e Domenico Mancino al violino, Vladimir Kocaqi al violoncello, Giuseppe Carannante al clarinetto e Ottavio Gaudiano al contrabbasso, con la partecipazione del soprano Olga De Maio e del tenore Luca Lupoli, diretti da Paolo Scibilia.

Un concerto, questo, che rimanda, nel nome e nella vocazione, a quel clima belle époque che vide fiorire in tutta Europa cafés-chantants, saloni per le feste e music-halls. Il repertorio musicale che vi si ascoltava era quello delle chansons, delle romanze e delle canzoni, dei brani d’operetta italiana e viennese, tanto amati dalla borghesia elegante che frequentava stazioni termali e località lacustri, ma che evocherà qui tempi di quella Salerno, splendida provinciale, una città a misura d’uomo, agli albori del XX secolo in cui il corso Garibaldi costeggiava il mare e vi si espletava il rito della passeggiata, che aveva i lampioni a gas e dove davanti ai circoli e ai caffè si ammiravano le toilettes delle giovani donne, scambiando pettegolezzi e malignità, quella città idealizzata, ferma, tra i suoi teatri, i salotti, le bande, gli chalet e le quindicine delle case chiuse, ma pienamente immersa in un periodo storico, di non semplice interpretazione, ove il pavimento su cui si inanellavano ancora i valzer e le mazurke era fradicio e stava per crollare, sotto i colpi di mortaio della I guerra mondiale, una cittadina ordinata, di cui abbiamo ancora vestigia nella sala Vittoria e in qualche palazzo d’epoca.

Il concerto principierà con il Preludio al I atto de’ La Traviata che inizia sul filo del suono impalpabile dei violini, così come finirà questo “blues” di Violetta che gioca con i suoi tre volti, uno per ogni atto, ma sempre accompagnata dal nero incombente della morte. Si passerà, quindi con Lolita di Arturo Buzzi-Peccia, una serenata spagnuola in tempo di bolero, dedicata ad Enrico Caruso, si proseguirà, quindi, con La poupée valsante di Eda Poldini, una miniatura del compositore ungherese, tratto da Marionettes, una pagina che ebbe l’attenzione di Fritz Kreisler. Finale della prima parte interamente strumentale con la czardas Topsy di Vincenzo Billi e il valzer “Vita Palermitana” di Walter Graziani, pagine dalla fresca invenzione, simboli di un fenomeno di costume, quale la hausmousik e di un prezioso repertorio fornito dai musicisti più vicini agli ambienti aristocratici.

La seconda parte del matinée saluterà protagoniste le due voci. L’aria di sortita del soprano sarà quella di Lauretta dal Gianni Schicchi “O mio babbino caro”, la semplice e orecchiabile melodia pucciniana,  il tenore, invece esordirà con  Mattinata, di Ruggero Leoncavallo, che il compositore affidava alle nuove “macchine parlanti”, come venivano ancora chiamati i giradischi, un’aurora che sembrò far cadere ogni barriera. Si vedrà entrare poi, in scena la reginetta del caffè Momus, Musetta, tutta spigoli, vivacità e sex appeal, con il suo equivoco valzer, prima di cedere il passo al Duca di Mantova, con la sua canzonetta la “Donna è Mobile”, simbolo della sua fatuità e superficialità nei confronti di qualsivoglia sentimento. Finale in duo con “Tu che m’hai preso il cor” da “Il paese del sorriso” dalla spiegata melodia, un mondo sognato, dove ogni cosa è naturalmente in armonia con le altre, dove regna la leggerezza del sorriso, dove amor fa sempre rima con cor e sol. Se il sol, però, è quello che sorge nel Paese del Sol Levante, anche l’amore più sincero della bella contessina Lisa per il principe cinese Sou-Chong si deve scontrare con l’irrimediabile durezza delle differenze culturali. Ma siamo nel mondo dell’operetta e l’accettazione serena e sorridente del proprio destino è la conclusione rassicurante di ogni contrasto. Le gioiose amenità di buffi personaggi e, soprattutto, la bellezza della musica vinceranno su qualsiasi malinconia.

Prestigioso il brindisi finale che porterà la firma di Mila Vuolo, con i canonici ed affidabili aglianico e fiano, con cui si producono poche migliaia di bottiglie l’anno, e poi l’internazionale cabernet sauvignon, da cui si ricavano soltanto poche centinaia di bottiglie da condividere con gli amici. Vigne di famiglia, il cui clima temperato, la buona esposizione al sole, la vicinanza al mare e gli alti monti alle spalle riparano dai venti freddi irpini e contribuiscono a regalare vini intensi profumi fruttati e floreali.

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