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I Senatore e la musica: lessico strettamente famigliare

  • Ottobre 15, 2024
  • Olga Chieffi
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Vincenzo, Antonio, Patrizia e Alberto tre generazioni di musicisti sottoposti unicamente all’arte dei suoni

Il violoncellista Amedeo Baldovino, fondatore del Trio italiano d’archi, che poi abbandonò per dedicarsi al Trio di Trieste, nelle riconoscenti parole dedicate al suo strumento, lo definiva educatore di umiltà e confidente, interprete dell’arco della vita, fonte di serenità. Sono parole, queste, che possono essere scritte in esergo al portrait della famiglia Senatore, la quale, ad oggi abbraccia ben tre generazioni di musicisti, Vincenzo sassofonista, Antonio flautista il quale impalmando Patrizia Coppolino, mezzosoprano, ha dato vita ad Alberto, violoncellista. Gli aneddoti sono infiniti e legano questa famiglia musicale a filo doppio con la città, col suo teatro, l’istituto Umberto I e il nostro conservatorio, per prendere il volo con il più giovane, Alberto, divenuto primo violoncello del teatro San Carlo, dopo aver vinto e suonato a Trieste e in Scala. Tutto ha avuto inizio con  Vincenzo Senatore, un sassofono dal suono morbido e intrigante, dal carattere un po’ particolare, schivo, amava la semplicità e il ritrovarsi con i colleghi musicisti, dei quali ha rispettato sempre l’amicizia, il quale si fece travolgere dal vento del jazz che soffiò impetuoso su Salerno, all’indomani dello sbarco alleato, coinvolgendo diverse generazioni di musicisti. Vincenzo Senatore, esordì nei “Vargo”, al fianco dell’eccellente pianista Bebè Carotenuto, insieme a Franco Scelzo e Jimmy Caravano, al servizio della voce di Armando Pagliara. Chi ci illumina è Romano Landolfi, suo collega, nella formazione di Agostino D’Auria, che nel 1969, intese varare un gruppo importante che schierava, tra gli altri, un giovanissimo Bruno Venturini. Diverse le collaborazioni, con i nomi della musica leggera: se con Bebè Carotenuto aveva imperversato col Salerno Quartet, sbarcando anche in Spagna, imponendosi per la faciltà d’improvvisazione, che nasceva da un istinto naturale e da un’innata musicalità, in qualunque genere musicale, lo ritroviamo anche al fianco di Enzo Avitabile e protagonista con gli Astrali. Da Vincenzo ad Antonio Senatore, che avrebbe voluto ardentemente suonare l’oboe come lo zio Antonio Floriano, seconda parte dell’ Orchestra dell’ Accademia di Santa Cecilia, collaborazione preceduta da ben dieci anni di stanza al Massimo di Palermo, indirizzato proprio dallo zio oboista al flauto. Così, Antonio si è ritrovato erede e Maestro della celebrata scuola di fiati e direi di flauto, prima dell’ Istituto Umberto I, succursale del San Pietro a Majella, quindi, del nostro Conservatorio, una tradizione che viene da lontano, da quel maestro Domenico Faliero, sostituto di Severino Gazzelloni, primo flauto dell’orchestra della Rai di Roma, che non riposava mai, neanche durante lo stacco, ma continuava la sua recherche, ispirata dalla scuola francese, lui perfezionatosi con Arrigo Tassinari, che ricordiamo primo esecutore in Italia della Sonatina di Darius Milhaud, della Sonata di Paul Hindemith e anche di Syrinx di Claude Debussy, del Concerto di Jacques Ibert con l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. La scuola di Domenico Faliero è stata sempre una scuola generosissima, donata con il flauto tra le mani, in modo che i piccoli allievi potessero imitare il bellissimo suono del loro maestro e apprendere, così, più facilmente le gemme più preziose della letteratura flautistica e che ritroviamo in Antonio Senatore, allievo a sua volta di J.L.Balboni e Franco Battimelli, “made” Faliero, il quale ha chiuso la sua docenza al Martucci, ed è il  primo flauto nell’orchestra del Teatro Verdi, spesso affiancato dai suoi allievi, che portano nei teatri l’essenza del flautismo italiano e della nostra scuola di fiati, intrisa di melodia e virtuosismo spinto. Antonio, si diploma, infatti, giovanissimo, con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Musica “S.Pietro a Majella“ di Napoli e, successivamente, si perfeziona con i maestri Angelo Persichilli, Conrad Klemm, Peter Lukas Graf ed Emanuel  Morris, 1° flauto della London Symphony Orchestra. Un aneddoto è d’obbligo ricordarlo, poiché è simbolo di quella scuola in cui l’allievo e il Maestro, termine oggi dissacrato, erano tali, dentro e fuori l’istituzione, per tutta la vita. L’indimenticato Maestro Domenico Giordano, allievo anch’egli di Domenico Faliero, membro esterno al diploma del futuro maestro e collega, sia in orchestra che in conservatorio qui a Salerno, prestò il suo flauto al diplomando Antonio Senatore per l’esame, avendo egli avuto un problema meccanico al suo il pomeriggio precedente il fatidico e atteso giorno. Un sigillo prezioso ad un’amicizia fraterna durata un’intera vita, scritta ancora oggi tra le note. Di lì la carriera di Antonio, il quale nel 1977, con il Trio Cameristico Salernitano, vince la rassegna “Giovani Interpreti” indetta dalla RAI e nel 1979 risulta vincitore del concorso per II flauto presso la Banda Musicale della Polizia di Stato. In formazione di duo vince i Concorsi Internazionali di Capri e Imperia, mentre fugge a gambe levate e in gran segreto dal “fosco aere, dall’onda muta, dalla tacita e solitaria malinconia” di Venezia, per dirla con Arnaldo Fusinato, dove l’attendevano al teatro La Fenice. Nel 1997 ha preso parte, in qualità di I flauto, alla tournée spagnola dell’Orchestra da camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; ha collaborato, sempre come I flauto, con l’Orchestra del Teatro S.Carlo di Napoli. Ha effettuato numerose registrazioni Rai e incisioni discografiche: nel dicembre 2011 ha partecipato, con l’Orchestra del Teatro Verdi di Salerno, al Concerto tenutosi presso l’Aula del Senato della Repubblica. Recentemente ha inciso le 2 Suites per flauto e jazz piano trio di Claude Bolling e nel 2012, con l’Orchestra del Teatro G.Verdi ha partecipato alle registrazioni live delle opere “Pescatori di perle“ di Bizet, “Robert le diable“ di Meyerbeer e “Gioconda” di Ponchielli, sotto la direzione del maestro Daniel Oren e prodotte dalla casa discografica Brilliant. Antonio ha suonato in prestigiosi festivals di musica contemporanea tra i quali Roma e Perugia, eseguendo musiche in prima esecuzione assoluta di compositori quali Morricone, Dall’Ongaro, Berio, Vandor, Sciarrino e Donatoni, sotto la direzione degli stessi. La nostra scuola di fiati ha quale marchio il suono squisitamente “vocale”, dovuta all’abitudine al canto e al lirismo tutto napoletano, unita alla ricerca, alla continua sperimentazione timbrica, esuberanza e versatilità. La cantante ci sta nella famiglia Senatore ed è il mezzosoprano Patrizia Coppolino, oggi artista del coro del teatro Verdi, la quale ha sposato Antonio, dando vita ad Alberto, il quale ha scelto di suonare il violoncello. Alberto cominciò, ci ha raccontato il padre Antonio, lo studio del violoncello ad otto anni con il maestro Roberto Vecchio. Si intravvidero molto presto le doti e la predisposizione non solo per la musica, ma anche per lo strumento scelto, però, la volontà per lo studio era pressoché nulla. Dopo un anno di prova, tra pochi alti e molti bassi, per la poca disponibilità allo studio, si decide di prendere un nuovo strumento dal costo di 1200 euro. Dopo qualche mese, nell’atto di poggiare lo strumento per una pausa, la superficialità e la non curanza del ragazzino, fecero sì che il cello si rompesse senza possibilità di appello. Nonostante l’arrabbiatura, più che legittima, si era pur propensi a ricomprarne un altro, ma Alberto confessò che la musica non gli interessava più e non avrebbe continuato a studiarla, se non per non deludere il nonno paterno e la nonna materna, ma non certo per sua scelta. Così si giunse agli inizi del liceo quando, quasi per incanto, i genitori lo vedevano quasi tutte le sere al computer seguire lezioni e i concerti di  Mstislav Rostropovich, in inglese per giunta. Nel vederlo sempre più interessato, senza, però, mai far partecipe nessuno di quelli che potevano essere i suoi desideri, un giorno il padre chiese se mai provasse nostalgia del suo vecchio strumento e se avesse voglia di riprendere a studiare. La sua risposta fu positiva e così, dopo aver comprato un nuovo strumento con pochi spiccioli, vista l’esperienza precedente, riprese le lezioni dal maestro Vecchio per poi, dopo qualche anno, fare conoscenza con il maestro che lo ha portato alla laurea, Gianluca Giganti, primo violoncello del teatro S. Carlo di Napoli, ruolo che oggi dopo circa una quindicina di anni è il suo. E’, oggi, Alberto a detta di tutti l’elemento, la “parte” che vorrebbero tutti in formazione, poiché come il padre Antonio, dà sicurezza, calma e serenità. Allo staggio del primo cello del massimo partenopeo ci è giunto passando attraverso tanti prestigiosi concorsi vinti, militando, in una decina di anni, anche in formazioni quali l’ Arena di Verona, il Carlo Felice di Genova e con la Sinfonica Siciliana di Palermo, adattandosi ad ogni orchestra, ad ogni teatro. Una vittoria inattesa in una settimana pasquale a Salerno, nel concorso a Napoli, il mood del massimo partenopeo gli ha cambiato la vita. Speriamo in qualche incursione al teatro Verdi di Alberto, magari da solista per farci riascoltare il concerto per violoncello e fiati di Friedrich Gulda, eseguito a Praiano con i fiati del nostro Conservatorio. Una quadratura del cerchio questo concerto che riesce ben a sintetizzare la storia della famiglia Senatore tra maestria, invenzione, bel suono e creatività, in un lessico strettamente famigliare tra fiati ed archi.

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