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Renato Zero e la musica che parla salernitano

  • Luglio 1, 2024
  • Olga Chieffi
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Il cantautore romano si è raccontato in una due giorni napoletana nell’abbraccio inconfondibile di Piazza del Plebiscito. Alle spalle il bel progetto Arechi Symphony Orchestra diretto da Adriano Pennino, che ha splendidamente sostenuto il solista nei suoi preziosismi. Un eccezionale Peppe Barra ha interpretato in duo “Seduto sulla luna”

di OLGA CHIEFFI

“Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;

crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;

labbro tumido acceso, e tersi denti,

capo chino, bel collo, e largo petto…”

E’ l’incipit del sonetto “autoritratto” di Ugo Foscolo, lo schizzo di un giovane ancora vigoroso che, nonostante le botte prese, è pieno di fede nel futuro.  Scivola nel campo del carattere attraverso la fotografia dei gesti, quindi, dal carattere gestuale passa a quello morale, con l’elenco delle caratteristiche astratte  e del rapporto io-mondo, che anche da questi caratteri è modellato. Potenza dell’arte del verso, della scelta della parola per il Foscolo, profondità della musica e del dire per Renato Zero, il quale nella due giorni napoletana, ha ricevuto non solo l’abbraccio delle incantevoli architetture dell’emiciclo di Piazza del Plebiscito, ma quello forte, inconfondibile e indelebile del pubblico partenopeo.

Ogni spettacolo è un viaggio, ce lo ripeteva l’indimenticato Gigi Proietti: “Un viaggio che tocca molti climi, nei quali decido io se il pubblico deve precipitare o scivolare lentamente”. Al grido di “Renato, Renatino, Maronna ‘ddo Carmene!”, poiché Zero è stato adottato da Napoli, essendo tutta la città un infinito teatro, ha avuto principio questo viaggio, questo “Autoritratto”, con due canzoni che hanno “immortalato”, ovvero fotografato il loro autore “La favola mia” e la melodia che ha dato il la al tour estivo. L’orchestra, schierata alle spalle, al suo debutto, si è immediatamente rivelata una splendida formazione, l’Arechi Symphony Orchestra, nata a Salerno da un incontro del violinista Danilo Gloriante, dell’oboista Antonio Rufo e del Maestro Adriano Pennino, con in direttivo  con all’interno anche Matteo Parisi e ancora Fortuna Imparato, Martina Di Florio e Francesco Maiorino, ma che scorrendo gli elenchi delle diverse sezioni, vede leggii di grande rilievo, quali Gianfranco Campagnoli e Giuseppe “Peppe” Fiscale alla tromba, Nicola Ferro al trombone, Filippo Azzaretto e Giovanni Russo al corno e ancora il flauto di Antonio Senatore, solo per citare i fiati, Marco Cuciniello al contrabbasso e tanti giovani strumentisti emergenti che condividono l’amore per la musica, ha ricevuto l’omaggio del cantante in pubblico e già si è guadagnata il predicato per il tour invernale. Il neapolitan power si è quindi, perfettamente amalgamato con i legni, gli archi salernitani e provenienti dall’intero Centro-Sud, unitamente ai musicisti di Renato Zero, tra cui non possiamo non citare Lele Melotti alla batteria, Danilo Madonia al pianoforte e tastiere, Bruno Giordana, un eccezionale sassofono soprano, che, naturalmente, ha suonato anche l’alto e il tenore, unitamente alle tastiere, e Rosario Jermano alle percussioni, per il quale ci piace aggiungere “dell’anima”. Tante le perle tra palco, realtà e video, come le immagini scelte per “Magari” in cui Zero ha indossato la bombetta di Charlot, la sua grazia e malinconia, nell’incontro con la fioraia, in City Lights, tappa di un viaggio che deve divertire, sorprendere e spiazzare continuamente. Ancora “Spiagge”, quindi l’omaggio alla napoletanità ed ecco un superbo Peppe Barra intonare “Seduto sulla luna”, quale omaggio a Claudio Mattone, cantata con suprema, comunicativa semplicità, sul bel solo del sax soprano. “Resisti”, poiché ognuno ha la responsabilità di salvare l’universo, quindi “Amico”, un omaggio in primis a Pino Daniele, ma a tutti coloro che lo hanno formato, a partire dalle prime prove tecniche di trasmissione della televisione italiana, nel 1954, che tra un gracchiare e tanta “neve”, lasciava intravvedere, Totò, Carlo e Aldo Giuffrè, Eduardo De Filippo, e poi sono apparsi sui fondali i nomi di Massimo Troisi, Sofia Loren, Isa Danieli e tantissime altre stelle che nella dolce notte partenopea stavano a guardare. Tanti gli aneddoti simpatici e indicativi, come quello di Armando Trovajoli che in piena notte si presentò a casa di Renato per festeggiare con una magnum di champagne il suo 95° compleanno, quindi Angela Luce al proscenio per “Era de maggio”, una delle canzoni più difficili del repertorio napoletano, in duo con un attentissimo Adriano Pennino al pianoforte. A seguire un trio per “‘O carrozzone”, nella traduzione di Peppe Barra, che lo ha cantato insieme ad Angela Luce e Sal da Vinci. Non poteva mancare all’appello Peppino di Capri, che nella notte di luna piena del 22 giugno, non ha potuto esimersi dall’evocare la sua “Luna caprese”, sapientemente “affatturata”. Tra “L’Eco” e “Il grande mare”, arrangiamenti di finissima fattura e di non semplice tessitura, firmati dallo stesso Pennino, con qualche passaggio dedicati ai legni e in particolare al flauto di Antonio Senatore, che ha assaporato il sovrumano piacere di suonare con un suo mito, essendosi dichiarato “sorcino”. Abbiamo, però, da dire che, purtroppo, i preziosismi affidati ai legni, come ai corni, sono andati quasi del tutto dispersi in una piazza “calda” con amplificazioni chiaramente adatte al grande spazio affollato da un pubblico che non ha lesinato cantare. Se la platea ha ringraziato delle sentite parole pronunciate da Zero, con “‘O surdato ‘nnammurato”, Renato ha inteso ricambiare con “Tu sì na’ cosa grande”, prima di affidare il mix dance agli otto coristi, passando loro il testimone della sua prima rivoluzione canora. Finale con invasione del sottopalco, affidato ai successi di “Vita”, quindi “Il Cielo” e “I migliori anni” tra tanta emozione e un grido “Non dimenticatemi”. 

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