Stasera, alle ore 20, dagli spazi di Hera Creativa, presieduta da Bruna Alfieri, il giardino di Casa Vecchio, di fronte al casello 21 di Paestum, parte il primo evento dedicato all’immagine del treno, in musica e danza
di OLGA CHIEFFI
“L’oltre Binario” è l’iniziativa che propone tre eventi nel giardino di Casa Vecchio in via ponte Marmoreo a Paestum che ci accompagnerà da stasera al 13 settembre. Sono i colori, le note e le parole delle stazioni la tematica principale intorno a cui ruoteranno le tre giornate suddivise tra musica e danza, arti visive il 30 agosto e letteratura il 13 settembre, promosse da Hera creativa, associazione presieduta da Bruna Alfieri, di fronte al casello 21 della stazione di Paestum che sta per diventare quel piccolo museo/archivio ideato ed aspirato dall’artista Sergio Vecchio. Il primo incontro che si svolgerà stasera, ore 20.00, nel giardino di casa Vecchio, vedrà esibirsi per la danza la ballerina Maria Grazia Lettieri per la musica il basso di Flavio Erra e la voce di Marco Vecchio. Nei successivi incontri legati alle arti visive ed alla letteratura gli amici artisti e tutti i partecipanti sono invitati a portare o improvvisare un proprio contributo su ciò che il treno o in maniera più ampia la stazione suggerisce. Un disegno, un racconto di viaggio, un oggetto, un segno faranno parte della raccolta di Hera creativa, creando insieme una futura memoria dello spirito del luogo. Il treno dei desideri, per il quale rubiamo il titolo ad una pagina di Gioachino Rossini, è un viaggio personale su rotaie sonore che racconta il legame fra musica e ferrovia. Un legame, quello con la musica a tutto tondo, che viene creato dalla nascita delle prime vaporiere e che resta saldo ancora oggi. Si va, dunque, dal Gioacchino Rossini di “Un petit train de plaisir “al Cage di Sound Train, passando inevitabilmente per la grande stagione del treno americano, inarrestabile portatore di progresso, ma anche trasportatore di hobos nascosti all’interno dei vagoni merci. E sì, Gioachino Rossino odiava il treno, un’antipatia espressa nei Péchés de vieillesse, con quella originalità, ironia, umorismo e stravaganza, che lo contraddistingueva. Un Petit Train de Plaisir, infatti, è una composizione per pianoforte inserita nel VI volume della raccolta, è un’immagine sonora comica e imitativa di una scena ferroviaria, ispirata probabilmente dalla terribile esperienza vissuta in Belgio nel 1836 per recarsi da Anversa a Bruxelles. Era il suo primo viaggio in treno e resterà l’unico, giurò che non lo avrebbe più utilizzato. A quel tempo i treni erano molto scomodi, gli scompartimenti erano angusti, senza riscaldamento, illuminazione e servizi igienici; alla partenza e nei rallentamenti i passeggeri erano scossi dagli urti tra le carrozze perchè gli agganci non erano rigidi. L’antipatia per il nuovo mezzo di trasporto si traduce in questa composizione e Rossini non solo descrive un viaggio disastroso, dalla partenza fino al terrificante deragliamento, ma sulla partitura lascia anche numerose descrizioni, a volte sarcastiche, come sarcastico è il titolo! Muoiono due viaggiatori, inviati rispettivamente al Paradiso e all’Inferno; dopo la Marcia Funebre, irrompe un Valzer ironico, musica brillante da café chantant che smaschera “l’intenso dolore” degli eredi. Il Train de plaisir è però anche una polka di Johann Strauss jr. scritta nel 1864, ispirata alla apertura del 19 gennaio 1864 della Southern Railway austriaca (la Südbahn) che ha organizzato molti viaggi di piacere da Vienna al proprio territorio. Hector Berlioz compone “Le Chant des chemins de fer” di ritorno da una lunga tournée in Europa, incaricato dalla città di Lille di comporre una cantata per l’inaugurazione della linea ferroviaria che la collegava a Parigi. Rimandando il completamento di La Damnation de Faust, mette in musica la poesia del suo amico Jules Janin, anche lui collega al Journal des Débats. Fu senza dubbio uno dei primi a prendere la nuova linea ferroviaria, poiché si recò in treno a Lille il 10 giugno, quando l’inaugurazione non era ancora avvenuta. Il 14 giugno, al Municipio, ha diretto l’Apoteosi della sua Sinfonia funebre e trionfante, seguita dalla sua cantata per tenore solo, coro e orchestra, “cantata con una verve insolita e voci fresche che non possiamo non trovare a Parigi per i nostri cori” (lettera alla sorella Nanci). Ma a Lille tutta la musica di Le Chant des chemins de fer fu rubata e ritrovata intorno al 1849 in circostanze misteriose, con la partitura orchestrale pubblicata solo nel 1903.
Ma quanti artisti e musicisti si sono fatti ispirare da quel “bello e orribile mostro si sferra, corre gli oceani, corre la terra: corusco e fùmido come i vulcani, i monti supera, divora i piani; sorvola i baratri; poi si nasconde per antri incogniti, per vie profonde; ed esce; e indomito di lido in lido come di turbine manda il suo grido”, come il nostro Giosuè Carducci? E’ veramente impossibile passarli in rassegna tutti. Ma qui dal casello 21 di Paestum, non possiamo non citare quel “Chattanooga Choo-Choo”, song datata 1942, composta dal maggiore Glenn Miller per la sua Dance-band di lusso. E’ una perfetta imitazione della nostra icona, poiché la canzone inizia con l’orchestra che, con le trombe e tromboni, imita il fischio del treno che esce dalla stazione, poi inizia la parte strumentale che suona le parti della melodia principale Il testo descrive il percorso del treno, proveniente dalla Pennsylvania Station di New York e che attraversa Baltimora fino alla Carolina del Nord prima di raggiungere Chattanooga. Nel testo il protagonista accenna di una donna che lo dovrebbe aspettare alla stazione e con la quale ha intenzione di unirsi per sempre. Il treno unisce, le sue rotaie parallele, levigate, convergono in un punto. Intendiamo celebrare anche da questo spazio il cinquantenario della scomparsa di Duke Ellington, che aveva il treno della metropolitana nella sua celeberrima sigla, una pagina che si deve anche al genio di Billy Strayorn, l’arrangiatore e pianista, ombra del Duca, il quale, prendendo spunto da un modo di dire del band-Leader, per cui la stazione metropolitana di linea “A” sulla 155 esima strada era solo a 15 minuti di distanza dalla parte centrale di Manhattan, compose Take the “A” Train , un pezzo in tempo medio-veloce, divenuto la sigla dell’orchestra, attraverso cui siamo tutti adusi, porci sulle tracce del Duca, per sbarcare in “Ellingtonia” nella coscienza della specificità di un viaggio, che passa dal cortile di Harlem in cui nacque il Duca, a quegli impasti armonici e armonie originali, metafora del melting-pot americano metafora della nostra umanità. Il nostro personale ricordo non può non andare a Sound Train (ovvero, è arrivato un treno carico, carico di….). Il 26 giugno 1978 alla stazione di Bologna si udì il fischio di partenza del locale Bologna-Porretta Terme-Bologna. Iniziò così uno dei più straordinari eventi musicali del secolo scorso: “Il treno di Cage. Alla ricerca del silenzio perduto. Tre escursioni per treno preparato. Variazioni su un tema di Tito Gotti”, direttore artistico delle Feste musicali del Teatro Comunale di Bologna, teso a spiazzare i modi di ascoltare la musica, si trovasse a condividere l’animo e la cultura underground fino a mettere in opera questa “Ricerca del silenzio perduto”, sottotitolo che evocava proprio il celebre pezzo del compositore americano John Cage “4’33”. Tacet, any instrument or combination of instruments”. Il treno veniva accolto nelle stazioni di sosta dai musicisti delle varie realtà locali – gruppi musicali, bande di paese – mentre tutti gli altri ascoltavano, festeggiavano, ballavano, finché il convoglio ripartiva per la stazione successiva con tempi prestabiliti, annunci e fischi del capotreno. Tutta un’altra atmosfera rispetto a un concerto tradizionale, dove il pubblico sta seduto in un ascolto a volte sacrale. Un clima completamente diverso in quella fine anni Settanta, quando le esperienze più alternative quasi mai arrivavano agli orecchi, o, meglio, ai cinque sensi del pubblico. La differenza tra la realtà conservatrice e le nuove forme espressive era diventata sempre più profonda, al punto che Cage disse: “Se pensate che non sia la musica, chiamatela in altro modo”.