Debutto questa sera alle ore 20,30 al Teatro del Giullare dello spettacolo “Lettera amirosa” dedicato al cimento del monologo, per la regia di Vanni Avallone e la partecipazione del fisarmonicista Francesco Citera
di OLGA CHIEFFI
“Ve voglio fa’ na lettera a ll’ingrese,/chiena ‘e tèrmene scìvete e cianciuse,
e ll’aggia cumbinà tanto azzeccosa/ca s’ha d’azzeccà mmano pe nu mese…..”
Questo l’incipit della “Lettera amirosa” di Salvatore Di Giacomo” che offre il titolo allo spettacolo di Vanni Avallone, di cui sarà attore e regista. Uno spettacolo che debutta stasera sul palcoscenico del Teatro del Giullare e ci accompagnerà per due week end, questo e il prossimo, il sabato alle 20,30 e la domenica alle ore 18,30. Vanni e Antonia Avallone, Marco Ciullo, Roberto De Angelis, Concita De Luca, Lucia Falciano, Ciro Marigliano, Fiorenzo Pierro gli interpreti dei monologhi. Il tempo scorre e le storie scivolano da una pagina all’altra del copione seguendo un ordine ben preciso. S’inizia con Garcia Lorca, segue Molière, poi Eduardo, Strindberg, Albee, Benni, Lella Costa, Alda Merini, per finire con Di Giacomo. Nel mezzo anche tanti autori anonimi. Attori allo specchio, si potrebbe dire; ma anche personaggi pronti a ritornare in scena per mettere in chiaro alcune cose, prima di tutto con il proprio mondo interiore.“C’è tanta ricerca in questo vedere la propria anima allo specchio, scrivendo a sé stessi un’ipotetica lettera d’amore da leggere alla propria anima e al mondo – scrive Vanni Avallone– Il tempo è il trade-union di tante storie che parlano di impeto, di passioni e di solitudine, In definitiva, di vita. Vita vera, cruda, che non fa sconti, che non indulge a facili pietismi né ad inutili esaltazioni. Uomini, donne, miti, sogni, diversità. Storia di Due è l’emblema drammatico della diversità, sull’accettazione della quale c’è ancora tanto lavoro da fare.
Questa la genesi di Lettera Amirosa, sulle note di una struggente fisarmonica e di splendidi attori, in un’organica scenografia simbolista firmata da Paola Molinari con le luci di Virna Prescenzo”. Prose o invece poesie in prosa, o racconti, o magari romanzo di squisita lacunosità, costruito sulle intermittenze della gioia e della memoria? La questione, alla quale non solo ciascuna delle possibili risposte insieme risulteranno via via convenienti, è in fondo senza molta importanza. Quel che importa è dire che nella scelta di Vanni Avallone, si ripete senza ombra di dubbio l’irripetibile, miracolo di trasparenza, la grazia radiosa e struggente di certi versi. Restando incredibilmente una nota di altissima limpidezza che sembra non poter essere che istantanea. Ma non si pensi solo ad una conferma o ad un arricchimento speculare.
Ci troveremo con stupefatta precisione in attimi, incontri, eventi microscopicamente abbaglianti, di un estatico essere nel mondo, nella naturale rarefazione di un discorso lirico. Lo spettacolo ci darà la misura intera, di quella inesauribile varietà e verità delle voci e delle figure umane, in una simbiosi piena, così continua ed assoluta, da far supporre dietro questi a solo, mozartianamente casuali, e perfetti, una sorta di religiosità sottratta a qualsiasi rovello metafisico, consumato – a volte con strazio, ma sempre con grandissima letizia – con la realtà, dentro la realtà. Colonna sonora firmata da Francesco Citera La musica, lo spettacolo, il ritmo e l’energia scandiscono le performance di questo musicista, che spiazza prima l’uditorio, per poi conquistarlo e travolgerlo con la forza, l’irruenza e l’onestà della sua carica comunicativa. Il fisarmonicista si proporrà nella sua veste più esuberante e appassionata, offrendo un mosaico di accattivanti composizioni, diverse per colori e atmosfere liriche e struggenti, quanto estroverse, virtuosistiche e delicatissime. Un fisarmonicista fisico, creatore di violenti grumi sonori, che riuscirà a dipingere particolari e contaminati landscapes, tra ritmi latin, e lungo Senna, con invenzioni musette, sulle tracce della parola del mosaico creato da Vanni Avallone.