L’attore ha inaugurato l’arena del Mare di Salerno con lo spettacolo “Stasera punto e a capo…” con il doppio taglio del nastro della XXI edizione del Sea Sun e la XXXV del Premio Charlot. Abbiamo raggiunto l’artista alla vigilia della performance per una visone sul teatro eduardiano
di OLGA CHIEFFI
“Stasera, punto e a capo…” è questo il titolo dello spettacolo che Massimiliano Gallo ha proposto al pubblico dell’Arena del Mare di Salerno, nell’ambito della prima serata della XXI edizione del Sea Sun Festa del Mare e della XXXV edizione del Premio Charlot. Si mette un punto per ricominciare. Cominciare da capo, riprendere, ma non per forza facendo un passo avanti. Si può ricominciare anche tornando un po’ più indietro. Azzerando, portando a zero, cancellando, annullando quello che di buono non si è fatto. Massimiliano Gallo, che abbiamo raggiunto alla vigilia dello spettacolo, lo farà con Shalana Santana e la cantante Pina Germanà, oltre all’ensemble diretto dal maestro Mimmo Napoletano con Gianluca Mirra, Giuseppe di Colandrea, Davide Costagliola e Fabiana Sirigu.
Massimiliano, un successo la sua Filumena Marturano, i giusti toni in Domenico Soriano. Ora approccia “Napoli milionaria” la cronaca del decadimento dei valori provocati dalla guerra e dall’uomo, e del difficile compito di mantenersi coerenti e fedeli alle proprie scelte morali è questa l’universalità di questa commedia di Eduardo?
“Filumena Marturano è stato un enorme successo. Paradossalmente nell’immaginario collettivo non c’era neanche l’edizione di Eduardo, ma nella memoria collettiva c’era chiaramente la riproposizione di quel testo attraverso un adattamento cinematografico e, quindi, De Sica l’empatico binomio Sofia Loren Marcello Mastroianni. Insomma, era un’impresa titanica che siamo riusciti probabilmente a vincere e che ha avuto un enorme successo di pubblico e critica che ci ha premiato con i nastri per la migliore interpretazione, nastro d’argento per la miglior regia, miglior film e ne siamo enormemente contenti. Io maggiormente, poiché la RAI ha scelto me per interpretare anche “Napoli milionaria” che è un capolavoro assoluto in cui Eduardo riesce a raccontare le brutture della guerra, il cambiamento delle persone, dell’animo umano rispetto a questa atrocità della guerra.
E credo che la sua forza, la sua grandezza e la sua universalità stiano nel fatto che sia riuscito a raccontare la guerra immediatamente dopo la guerra. Solitamente ci vogliono anche per un grande personaggio di cultura, un grande intellettuale, anni per avere un occhio critico su quello che è successo rispetto a un evento così tragico e così devastante: una cosa più unica che rara”.
Come si pone nei panni di Gennaro Jovine?
“Gennaro è totalmente opposto. Domenico Soriano è un personaggio più vicino agli uomini che Eduardo intendeva raccontare. Per certi versi ci sembrano debolissimi, come poi lo era pure Luca Cupiello, incapaci di prendere decisioni. Invece, alla fine del racconto diventano centrali per la funzione e la funzionalità degli ingranaggi della famiglia, quindi centrale rispetto alla famiglia.
Gennaro Jovine è un uomo non descritto sempre come uomo, non come uomo forte, ma come uomo con dei punti fermi a cui Eduardo stesso era legato e quindi che a volte demanda, che lascia fare la moglie per poi, alla fine riprendere il timone con grande forza e consapevolezza. “La guerra non è finita”. Gennaro l’aveva capito subito, vedendo la sua famiglia e il suo mondo corrotti da un benessere disonesto e che aveva distrutto i suoi valori, il senso di comunità che prima li teneva uniti, calando tutti in una buio più nero della notte ch’adda passà”.
È un testo che naturalmente conoscono tutti, letto e riletto nel tempo, negli anni è cambiato il suo approccio al teatro di Eduardo?
“Il mio approccio ad Edoardo non cambia mai. Ho avuto la fortuna di frequentarlo spesso, quindi prima con Carlo Giuffré in “Non ti pago” dove interpretavo la parte di Peppino De Filippo, ovvero Mario Bertolini, e poi “Natale in casa Cupiello” e qui interpretavo il figlio Tommasino, in quella che fu la prima edizione senza Eduardo e poi con Mario Martone ne’ “Il sindaco del rione Sanità” lo spettacolo e poi il film, quindi c’è stata “Filumena” e adesso “Napoli milionaria”. Credo che non cambi mai l’approccio con Eduardo.
Eduardo è un autore che ogni volta che lo rileggi rimani stupito dalla sua capacità di essere un enorme intellettuale, un immenso drammaturgo, ma anche un grandissimo uomo di teatro quindi, uno capace poi di unire la bellezza di un testo all’efficacia di una messa in scena teatrale funzionale.
Dopo i grandissimi, che dritta sta prendendo il teatro napoletano e, in particolare, non la recitazione ma la scrittura, i testi nuovi?
“I testi nuovi, in generale, vedono una Napoli che riesce sempre a riproporsi e a raccontarsi, è una delle poche città che ha anche una nuova drammaturgia e quindi mi riferisco a Moscato, Campino a Ruccello insomma ad autori che hanno saputo rielaborare, descriverla in maniera diversa. Napoli probabilmente è l’unica città credo che risponda sempre a una crisi culturale con grande forza”.
Il termine Maestro, una parola complessa “pesante” è veramente speso con grande faciloneria. Chi riconosce come suoi Maestri?
“Maestro viene da Magister, un termine talmente importante che chiaramente dovrebbe essere usato con grande parsimonia e usato con grande leggerezza. Il Maestro secondo me non è quello che ti spiega le cose, quello che te le fa vedere e quello che senza dirti diventa esempio. Ce ne sono pochi. Io ho avuto la fortuna di incontrarne tanti, ma perché per un fatto di età ho lavorato con capocomici che erano in grado di insegnarti il teatro, ma anche il modo e la disciplina di cui ha bisogno il teatro. Ne ho avuti tanti perché ho cominciato Carlo Croccolo, poi Aldo e Carlo Giuffré insomma, adesso quelli che possono definirsi tali sono pochi e sono quelli ripeto che non si parlano addosso non si raccontano, ma mostrano ciò che sanno fare, ovvero agiscono”.