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L’uscita di scena di Gino Landi

  • Gennaio 19, 2023
  • Olga Chieffi
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Il coreografo firmò una indimenticabile Die Lustige Witwe nel 2004 sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno. Il ricordo di Antonio Marzullo e del Maitre de ballet Francesco Boccia

di OLGA CHIEFFI

“Scompare con Gino Landi un maestro dell’arte del balletto moderno. È stato un celebrato talento creativo che, in una lunga e fortunata carriera, ha contribuito con il suo estro al grande livello dei varietà della Rai”. Dal ‘Musichiere’, a ‘Studio Uno’, da ‘Ma che sera’ a ‘Canzonissima’, le grandi serate Rai erano ‘Coreografie di Gino Landi’: parole che equivalevano ad un marchio di qualità riconosciuto dal pubblico e ricercatissimo da protagonisti dello spettacolo italiano, in particolare per la sua lezione artistica, umana e professionale. E’ giusto questa la synthesis del lavoro del leggendario coreografo scoperto da Erminio Macario mentre metteva in scena Bulli e pupe con l’attore e comico Fanfulla. Come coreografo firmò il sabato sera degli italiani, da Sanremo al Festivalbar a Fantastico con Pippo Baudo, ma anche a teatro diede vita alle coreografie in collaborazione con il duo Garinei e Giovannini, di spettacoli celebri Alleluja brava gente, Rugantino e Aggiungi un posto a tavola. Nel frattempo Gino Landi era entrato alla Rai con la qualifica di regista chiamato a realizzare le coreografie per Buone vacanze e per Giardino d’inverno, dove fu assistente di Don Lurio per il debutto delle gemelle Kessler.

Innumerevoli le regie televisive da lui curate si ricordano quelle di alcune edizioni del Festival di Sanremo, Festivalbar e Partitissima. Per lo spettacolo leggero della Rai è stato il coreografo di trasmissioni popolari come Johnny 7 (1, La prova del nove, Scala reale e Partitissima. Ha curato le coreografie di programmi storici come Studio Uno del 1961 con Don Lurio, Dove sta Zazà del , Milleluci del con Mina e Raffella Carrà, per la quale inventò il celebrato Tuca Tuca, Fatti e Fattacci del con Gigi Proietti e Ornella Vanoni. Molti di questi diretti da Antonello Falqui con cui Landi ha lavorato come coreografo per due decenni, prima di intraprendere egli stesso la carriera di regista. Da ricordare il suo lungo sodalizio con Pippo Baudo da Fantastico 7 fino ai programmi celebrativi Buon compleanno TV e 150. Il mondo del teatro, che lo ha visto nascere e muovere i suoi primi passi, gli ha affidato regia e coreografie di numerosi spettacoli, tra i quali Rugantino e Vacanze romane e le collaborazioni con Garinei e Giovannini. Maestro dell’operetta e assoluto protagonista al Teatro Verdi di Trieste, fu il regista della prima assoluta della Vivì di Franco Mannino al Teatro San Carlo. Gino Landi rivive anche nel ricordo dei musicofili salernitani, poiché nel maggio del 2004 firmò una memorabile Die Lustige Witwe. “Ci conoscemmo in Rai con Gino Landi – ricorda il Maestro Antonio Marzullo – poiché ogni tanto suonavo nella formazione di Domenica In, e ancora al Verdi di Trieste al Festival dell’Operetta. Quale direttore artistico del nostro teatro avevamo Giandomenico Vaccari  che insisteva anche a Trieste e lo invitai qui a Salerno per firmare la prima operetta completa che sarebbe stata rappresentata al massimo, “La Vedova allegra”.

Genio assoluto in palcoscenico e nella visione dell’opera, simpaticissimo fuori del contesto lavorativo, dopo le audizioni dei ballerini, impose di voler scegliere di persona Les Grisettes di Chez Maxim’s. L’occhio cadde su Maria Agresta, oggi tra le stelle della lirica, Maria Teresa Petrosino, Annalisa Santucci, Marcella Manzo, Lucia Pederbelli e Rita Santucci, donne prosperose, mediterranee, volle scegliere dal coro Gino, non le solite bellissime ragazze, proprio per dar quel senso di “accoglienza” ed affetto di cui aveva bisogno lo squattrinato Conte Danilo,  interpretato da Andrea Giovannini, mentre grandissimo fu  anche il Njegus, cancelliere d’ambasciata, caratterista, affidato alla vis comica dell’ indimenticato Gennaro Cannavacciuolo ed Anna Glawari era la splendida Carmen Giannattasio. “Con Gino Landi – ha continuato Francesco Boccia – ci siamo incontrati alle audizioni presso la Ials di Roma, avevo solo 18 anni e ho realizzato diverse produzioni con lui dal Festival dell’ operetta a Trieste per Grafin Mariza e Der Zigeunerbaron, oltre che Otto e mezzo e Canzone di Nino Rota, quindi mi mandò alle audizioni per Scugnizzi e in Rai, invece ero nel corpo di ballo di Serata d’onore.

La sua eredità artistica è nelle mani dei suoi storici assistenti, Cristina Arrò e Roberto Croce, che hanno appreso e divulgheranno la sua lezione.  Persona umile e umanissima, in sala prova era severissimo, non si poteva “accennare” si doveva ballare e dare il massimo, il termine accennare non era contemplato. Lui entrava, riscaldato bene o meno, voleva vedere le gambe ben alte. Ricordo benissimo quella Vedova Allegra del 2004. L’operetta è un genere non facile: la partitura complicata, che deve seguire mille movimenti scenici, sul podio c’era Antonino Fogliani, solo dieci giorni di prove, con in aggiunta alla partitura ben quattro “Can Can”, un omaggio al padre del genere, quell’Offenbach dell’Orphée aux enfers, musica di difficile esecuzione, per la quale il direttore d’orchestra era renitente per non inficiare oltremodo la grande musica di Lehar. Tre i danzatori solisti Elena Ronchetti, Antonio Romano e Francesco Vitiello, con un corpo di ballo proveniente dalle scuole di danza della provincia di Salerno, composto da me, Giuseppe Buonocore e Amedeo Iagulli, appartenenti al magistero di Pina Testa, ai quali si aggiunsero Mariano Catena, Marco Purcaro e dieci danzatrici, Lidia Amato, Ottavia Cenatiempo, Nadia D’Ambrosio, Barbara Evangelista, Gabriella Fedele, Antonella Gagliardi, Nunzia Manuela Giordana, Patrizia Inzaghi, Valentina Vitolo e la giovanissima Giuliana Guttoriello. Furono prove esasperanti con quel can-can che durò ben oltre 15 minuti, mai più visto al Verdi”.

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Olga Chieffi

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