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Lo sfarzo del Settecento napoletano musicale

  • Maggio 22, 2023
  • Olga Chieffi
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Secondo appuntamento con la rassegna Grande Musica a San Giorgio. Questa sera, alle 19.30 nello splendido spazio della Chiesa di San Giorgio è di scena il Coro Mysterium Vocis diretto da Rosario Totaro

di OLGA CHIEFFI

Il programma che il Coro Mysterium Vocis diretto da Rosario Totaro, con l’organista Sossio Capasso, proporrà per il secondo appuntamento della rassegna Grande Musica a San Giorgio, questa sera, alle ore 19,30, è un vero e proprio omaggio al grande repertorio liturgico della Scuola Musicale Napoletana. La scelta si indirizza verso salmi, inni e cantici spirituali messi in musica da compositori napoletani o attivi a Napoli fin dalla seconda metà del Cinquecento. Ad inaugurare la serata – riprendiamo da un testo redatto da Domenico Antonio D’Alessandro per un precedente concerto della Corale – sarà a mo’ di preludio, il Ricercare del sesto tono con tre fughe e suoi riversi per organo di Giovanni Maria Trabaci, pubblicato nella sua prima raccolta di Ricercari del 1603. Il compositore lucano, allievo di Jean de Macque, da 1614 al 1647 fu il maestro della Cappella Reale napoletana, il primo italiano dopo una serie di musicisti spagnoli, borgognoni e franco-fiamminghi. Con il salto di un secolo si passa al “patriarca” del Seicento musicale napoletano, Francesco Provenzale, con il Dixit Dominus, salmo 109 di un Vespero breve a 4 e a 5 voci conservato nel prezioso archivio musicale dei padri Girolamini napoletani, tradizionalmente per il vespro della “Beata Vergine”, ma in questo caso scritto molto probabilmente da Provenzale per la festa di san Filippo Neri. Il salmo scritto in Sol maggiore fu forse composto nella prima metà degli anni Settanta del Seicento. Il salmo è presentato senza la rituale antifona in canto piano, ma comprensivo della conclusiva dossologia minore Gloria a Patri per rafforzare la destinazione neotestamentaria della composizione, ed è stilisticamente ricco di enfasi e ben declamato ritmicamente con madrigalismi e abbellimenti vocali. Tra modernità e arcaicità, il lungo “Amen” finale come omaggio alla cinquecentesca tradizione polifonica franco-fiamminga è scritto nel ricco e fitto contrappunto imitativo.
 
Di Alessandro Scarlatti seguirà uno dei vertici della sua cospicua produzione musicale liturgica, l’inno Ave Maris Stella a 4 voci e basso continuo appartenente al vespro della “Beata Vergine”, pienamente intriso della purezza dello stile palestriniano, totalmente avulso da influenze profane operistiche e/o della tradizione musicale napoletana, proietta l’ascoltatore nel pieno delle sonorità cinquecentesche della Chiesa cattolica romana appena uscita da un problematico Concilio di Trento, soprattutto nei suoi rapporti con la polifonia e in particolare con il contrappunto imitativo. Allievo di Provenzale tra il 1693 al 1697 circa al conservatorio della Pietà dei Turchini, il “Tarantino” Francesco Nicola Fago è l’autore del salmo Laetatus sum a 4 voci e basso continuo in Do maggiore. Il salmo fu composto nel 1705 «per esercizio degli alunni» del conservatorio di Sant’Onofrio, del quale era diventato primo maestro di cappella nel luglio del 1704 (pochi mesi prima della morte di Provenzale) succedendo a don Angelo Durante, zio del più famoso Francesco, dopo essere stato “mastricello” ai Turchini con i maestri Provenzale e Gennaro Ursino. Ascoltando il suo Laetatus sum composto come si è detto per fini didattici, ci si può rendere conto della qualità dell’insegnamento del maestro tarantino e del livello tecnico-contrappuntistico che in quegli anni si pretendeva dai “figlioli” dei conservatorii di musica partenopei con esiti straordinari non solo nel ‘sacro’, ma anche nel teatro d’opera che in quegli anni stava sperimentando la commeddeja pe’ mmuseca in napoletano. Ancora una pagina di Giovanni Maria Trabaci, una Canzon Franzesa per organo pratica in cui rivela appieno la sua personalità e spicca con singolare ricchezza di originalità geniale ed estrosa nel panorama della tradizione del periodo d’oro partenopeo.
 
Quasi i medesimi intrecci vocali, merletti di armonie e atmosfera celestiale paterni li ritroviamo nel Magnificat a 4 voci e basso continuo di Giuseppe Domenico Scarlatti, il primo figlio napoletano di Alessandro Scarlatti celebre per le sue rivoluzionarie sonate per clavicembalo. Apparteneva al Vespro della “Beata Vergine” anche il cantico Magnificat anima mea Dominum, le prime parole di ringraziamento e di gioia che Maria rivolge al saluto della cugina Elisabetta nell’annunciarle i disegni divini a lei destinati. Si continuerà, quindi, con la Toccata quarta per l’elevatione, per organo di Gregorio Strozzi, del quale oltre alle caratteristiche classiche dei compositori di scuola napoletana potremo apprezzare il gusto spiccato per cromatismi, arditezze, armoniche e dissonanze che convive con un senso della scrittura dotta e severa, unitamente all’impiego di figurazioni e abbellimenti insoliti ed estrose relazioni armoniche. Finale con Niccolò Iommelli, allievo Nicola Fago, il quale agli inizi degli anni quaranta del XVIII secolo, aveva praticato molta musica liturgica per il coro femminile degli Incurabili di Venezia, composizioni riadattate successivamente per coro misto, con il graduale Locus iste a 5 voci e basso continuo in Do maggiore datato 1752. Secondo canto del proprium missae, solitamente il graduale in una Messa polifonica si esegue monodicamente tra la cantillazione della prima e della seconda lettura; ma l’occasione per cui il musicista aversano dovette comporre il suo Locus iste fu sicuramente una celebrazione speciale, probabilmente in anniversario dedicationis ecclesia, con un uno stile molto melismatico di difficile esecuzione secondo l’evoluzione del canto del graduale cattolico distaccandosi totalmente dall’originaria salmodia responsoriale ebraica praticata nelle sinagoghe per coinvolgere nel canto l’assemblea dei fedeli e non solo i cantori professionisti. 
 
Fotografie di ARMANDO CERZOSIMO
 
 
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