Il soprano lirico e violinista si è aggiudicata il premio speciale del Rotary alla seconda edizione del concorso internazionale voci mascagnane, perfettamente organizzato da Marco Voleri. “A Giovanna Casolla dedico il mio premio speciale al Mascagni, speciale quanto la sua anima rara”.
di OLGA CHIEFFI
Alta tecnica e qualità delle quindici voci finaliste e dei vincitori sul palcoscenico del teatro Goldoni di Livorno, dove si è svolta la finale della seconda edizione del concorso “Voci Mascagnane”, dedicata al grande repertorio del compositore livornese e della giovane scuola italiana, in un anno particolare in cui ricorrono i centosessanta anni dalla nascita del genio livornese. Selezioni severe, affidate ad una giuria di tutto rispetto, presieduta da Marco Voleri, Direttore artistico del Mascagni Festival, della Mascagni Academy e, naturalmente, di questo Concorso lirico internazionale, composta da Mario Menicagli Direttore amministrativo della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, dal direttore artistico del massimo livornese, Emanuele Gamba e Paolo Noseda Responsabile delle Relazioni Internazionali Dip. Mascagni presso la Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, affiancati dal compositore Marco Tutino e da direttori artistici internazionali, da Nicola Mijalovic dell’ Opera National Theatre Belgrade a Raffaella Murdolo per la Royal Opera Muscat in Oman), Lorenzo Tazzieri Direttore principale della Tokyo Metropolitan Opera Foundation, nonchè Direttore artistico del Genoa International Music Youth Festival, del Batumi International Music Festival e del Chile Opera Festival, il critico musicale e scrittore, Fulvio Venturi e il giornalista Giorgio Appolonia. Podio composto dal vincitore assoluto Wonjun Jo, baritono, che ha eseguito in finale “Quella è una strada” da Le Maschere, il famoso monologo di Tartaglia, dal I atto, mentre il secondo premio è stato assegnato a Seonjae Yun, soprano con l’aria di Margherita dal III atto del Mefistofele di Arrigo Boito “L’altra notte in fondo al mare”. Tra i premi speciali spicca quello del Rotary assegnato a Concetta Pepere, soprano lirico con venature brunite che tendono al drammatico, profumo del mare di Cetraro e musicalmente d’adozione salernitana. Tre le arie che l’hanno portata in finale, e, quindi, al premio assegnato all’unanimità “Ah, il suo nome”, dalla Lodoletta di Pietro Mascagni, un canto di un amore adulto, di una maturità forse troppo presto raggiunta, che abbisogna di un particolare afflato interpretativo, “Voi lo sapete, o mamma”, l’aria chiave, amara, che canta una Santuzza, dal viso scuro e lacrimoso, accostato alla dolcezza lieve di un’immagine sacra, in Cavalleria Rusticana, per vincere, poi, con il Giacomo Puccini di Manon Lescaut, opera che inaugurerà la nuova stagione lirica del nostro teatro, “Sola…perduta…abbandonata!”, il finale in cui Manon si rivela conscia del proprio destino di morte, ma non vuole accettarlo, e Puccini non si limita a proporre simbolicamente la sensualità come simbolo di colpa, ma trasferendola nella musica, dà vita a quella passione disperata che dominerà in seguito l’intera letteratura operistica. Pagina complessa, varia, eccitante, nelle corde di Concetta Pepere, che si è assicurata i diversi concerti del Livorno Festival, ai quali parteciperà.
Conosciamo il soprano anche come violinista, un interscambio fruttuoso col canto, osmotico, venuto da lontano che la sta facendo crescere in ogni campo. Quali i Maestri che lei riconosce e che hanno indirizzato la sua carriera?
“Ho iniziato lo studio del violino nelle scuole medie ad indirizzo musicale: sono la prova vivente che le scuole pubbliche possono portare ad ottimi risultati. La mia insegnate Daniela Meo, che per me è come una mamma, ha capito subito che c’era del talento, e in tre anni mi preparò l’esame di ammissione al V anno del vecchio ordinamento. Entrai a Vibo Valentia nella classe del maestro Tortorelli, anche lui un mio mentore e appena diciottenne mi sono diplomata con lode e bacio accademico. Nel frattempo, tra studi classici e Conservatorio lavoravo nei teatri di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. La mia prima opera fu Traviata a tredici anni ultimo leggìo dei primi violini. Non sapevo neanche cosa fosse un’opera, ma dissi a me stessa che non avrei mai potuto vivere senza quell’emozione. E così è stato. Dopo il Diploma di violino, il biennio specialistico a Milano, (con concerti al Regio, alla Toscanini, ai Pomeriggio Musicali, in Svizzera,) al diploma di clarinetto, finalmente iniziai lo studio del canto con una grande guida, Marilena Laurenza. Fu lei ad indirizzarmi con il repertorio e a capire subito dove si sarebbe indirizzata la mia voce. Principia così una nuova parentesi della mia vita, fatta di gioia e infiniti dolori, ma mi sono aggrappata con tutta me stessa al nuovo sogno. La musica mi ha aiutata ad uscire dai momenti più bui, la scomparsa di mio fratello e la perdita di Vittoria. Ora sono costantemente seguita dalla celeberrima Giovanna Casolla. Uno dei pochissimi autentici soprani drammatici dei suoi tempi, che vanta una longevità vocale rara nella storia del melodramma. A lei dedico il mio premio speciale al Mascagni, speciale quanto la sua anima rara”.
Quali palcoscenici l’attenderanno nel prossimo futuro?
“A brevissimo, a fine marzo, lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi a Londra, quindi un concerto a Carrara a maggio, la IV sinfonia di Gustav Mahler in agosto al Festival di Tagliacozzo, ospite del direttore artistico Jacopo Sipari di Pescasseroli e ancora sotto la sua direzione l’ “Attila” di Giuseppe Verdi a Tirana, “Il tabarro” di Giacomo Puccini a Varna e i concerti mascagnani, qui a Livorno”.