Un’eccellenza sarnese, nata nel conservatorio “G.Martucci” di Salerno è ritornata a calarsi nella partitura di Norma, dopo otto anni, l’abbiamo incontrata dopo l’annunciato successo della “prima”
Di Olga Chieffi
Gilda Fiume è una delle voci più interessanti della lirica italiana dell’ultimo decennio. Gemma venuta fuori dal Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, oggi pupilla della regina del belcanto Mariella Devia, della quale ha intrapreso la strada. L’abbiamo raggiunta sul palcoscenico del teatro Verdi di Salerno ove è ritornata nelle vesti di Norma dopo la Traviata natalizia. Due parole su questa produzione e dove ora potremo riascoltarla
È stata una grande emozione tornare sul palco del Teatro Verdi proprio con questo titolo che mi ha vista debuttare nel 2017. Norma in questo momento credo che sia uno dei titoli che sento più mio sia vocalmente che interiormente. Riproporlo sullo stesso palcoscenico mi ha permesso di mostrare anche quanto mi sento cresciuta come artista e quanto ho potuto approfondire psicologicamente questo personaggio così complesso. Quando la regista Sarah Schinasi mi ha parlato della sua visione molto intima di Norma, sono stata ben felice di lavorare ancora di più su quel processo di interiorizzazione delle emozioni, dalle più impetuose alle più romantiche. E poi cantare nel mio teatro di “casa” è unico, perché ogni volta mi sento circondata di un affetto incredibile, non solo dalla mia famiglia, ma dal primo all’ultimo lavoratore del teatro e dal pubblico sempre così caloroso. Adesso ho qualche settimana di pausa in cui potrò ricaricarmi e poi riprendere lo studio, mi aspettano diversi titoli che ho già cantato come Don Giovanni, La Traviata, ma anche il debutto di un altro grande ruolo belcantistico belliniano.
La musica ha scelto Lei o Lei la Musica?
Romanticamente mi piace pensare che sia stata la Musica a scegliere me. Non provengo da una famiglia di musicisti, ma sin da piccolissima ho sentito questa grande passione attraversarmi. Ovunque mi trovassi cercavo un’occasione per cantare, feste di famiglia, di paese, chiesi persino un karaoke casalingo a mio padre. All’epoca non ne ero consapevole, ma io vivevo le mie giornate con la musica. Il talento è qualcosa con il quale nasci e non parlo solo di voce, ma di musicalità, senso ritmico e si impone da solo, anche senza stimoli esterni.
Prima cantante pop, quindi cantante lirica come è avvenuta questa strambata?
A tredici anni, quando ho cominciato a prendere lezioni di canto moderno, il mio obiettivo era diventare una pop star e avevo già una vita musicale piuttosto attiva, anche grazie a mio padre che mi aiutava e supportava in tutto. Fu lui che intorno ai sedici anni mi disse che aveva trovato una nuova scuola di musica in cui potessi cominciare a studiare il canto lirico, per approfondire il discorso tecnico ed io, un po’ malvolentieri, accettai perché mi fidavo. I primi anni ci andavo ma non avevo alcuna intenzione di lasciare la musica leggera, amavo troppo Giorgia, Mina e Whitney Houston, Aretha Franklin, i Queen. Inoltre, ero stata inquadrata come un mezzo soprano e non amavo ciò che sentivo dalla mia voce lirica. La svolta è arrivata quando in quella scuola è giunta Antonella De Chiara, che sarà, poi, la mia guida per diverso tempo, che non solo cominciò a farmi studiare da soprano, ma assecondando nella maniera più naturale possibile la mia voce, senza forzature, mi fece scoprire davvero un mondo nuovo. Piano piano mi innamorai di quello che sentivo uscire dal mio corpo e quando un giorno mi affidò il Laudate Dominum di Mozart, capii che quella era la mia strada e senza pensarci troppo decisi di mollare ogni impegno intrapreso(in quel periodo facevo anche parte di un gruppo con il quale stavo lavorando su alcuni inediti). Avevo 22 anni, lasciai anche l’università e per un anno mi chiusi in casa a studiare per preparare il compimento inferiore di canto in Conservatorio e poi accedere al quarto anno. E così fu.
Cosa e chi è stato fondamentale nel tuo percorso musicale? Ovvero chi riconosce come maestri?
Come ho già citato sopra, il soprano Antonella De Chiara è stata la mia prima guida importante, con lei ho studiato nel momento più delicato, ovvero negli anni della formazione di base, quella che ti rimane per sempre ed è stato importantissimo. Nel corso degli anni ho fatto diverse masterclass e sono stata anche per circa due anni allieva del corso di Alto Perfezionamento che si teneva all’Accademia di Santa Cecilia con Renata Scotto. Ma sicuramente l’incontro con Mariella Devia è stato fondamentale per proseguire il mio percorso di crescita vocale. Per me, lei è un mito e dal 2014 ormai è il mio punto di riferimento.
A chi guarda tra i grandi soprano del passato?
La Callas e la Scotto sono quelle che amo di più, per la completezza artistica e vocale e per la assoluta modernità con la quale hanno affrontato il repertorio più vario, insegnando anche cosa voglia significare avere un approccio da musicista e non solo da vocalista. Poi, sembra scontato citare la Devia, ma per chi affronta il repertorio belcantistico credo che non ci sia nessuno migliore di lei a cui ispirarsi.
Come salvaguardare il dono più a lungo possibile? Oggi si è forse un po’ troppo in mano ai manager e si accettano ruoli senza pensare al domani?
Io credo che il dono lo si salvaguardi cercando di cantare ciò che sentiamo più comodo. Noi cantanti possediamo uno strumento interno che cresce alla pari del nostro corpo e la necessità è di studiare ogni giorno assecondando i cambiamenti che avvengono nel corso degli anni senza forzare. Inoltre, l’igiene vocale e lo stile di vita sono fondamentali. Cantare qualcosa che non ci appartiene non funziona mai perché poi lo strumento va in sofferenza e all’improvviso ti molla. Il rischio è farlo quando si è ancora giovani, ovvero quando la natura ti garantisce forza e salute ed in quel caso è importante avere una persona di fiducia che possa consigliarti. Un agente non ti costringe a cantare certi ruoli o, almeno io, non ho mai avuto nessuno che mi forzasse a fare qualcosa che non volevo. Le scelte sono sempre nostre e consapevoli.
Quale compositore e quale ruolo senti più vicino per sensibilità e caratteristiche?
Donizetti e Bellini sono i miei compositori di riferimento. In generale questo tipo di scrittura belcantistica è quella che sento a me più affine. Ho cominciato con Lucia, La Sonnambula, Torquato Tasso, Maria de Rudenz e oggi insieme a Norma mi sento pronta ad affrontare anche tutte le regine donizettiane.
Ha un direttore in carriera al suo fianco Francesco Ommassini, che abbiamo incontrato a sorpresa qui a Salerno, coppia artistica sul e fuori il palcoscenico?
Quando hai accanto un musicista, è assolutamente naturale che si fondano professione e vita privata. Noi ci appoggiamo a vicenda, ci consigliamo, confrontiamo e per me lui è un punto di riferimento musicale fondamentale dal quale imparo qualcosa ogni giorno. Qualche volta ci capita di lavorare insieme e viviamo questi momenti con grande emozione, perché il nostro affiatamento ha anche occasione di tradursi in musica.
L’attira la missione di insegnare?
Si, non mi dispiacerebbe. Ho già avuto qualche esperienza e devo dire che mi piace molto l’idea di poter trasmettere qualcosa a giovani cantanti. Sicuramente in futuro mi dedicherò anche a questo.
Un sogno, un ruolo nel cassetto?
In questo momento storico ci sono diversi ruoli che mi piacerebbe debuttare, uno fra tutti Maria Stuarda. Se invece devo scegliere un ruolo che ho ancora chiuso nel cassetto, allora dico Elisabetta di Valois del Don Carlo.
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