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Tra gli “incanti” galanti dei legni

  • Marzo 25, 2025
  • Olga Chieffi
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Conclusa, con l’ennesimo bagno di folla, la rassegna musicale nata intorno al quadro “La presa di Cristo” del Caravaggio, in esposizione presso la sala degli affreschi del Complesso di San Michele in Salerno. La grande tradizione dei legni salernitani Antonio Senatore e Mario Montani al flauto, Antonio Rufo all’oboe e Gaetano Varriale al fagotto, hanno sigillato aureamente il percorso musicale

Chiusura col botto per la rassegna nata intorno al quadro “La presa di Cristo”, del Caravaggio, in esposizione presso la sala degli affreschi del Complesso di San Michele. Ultimo dei cinque appuntamenti, fortemente voluto da Domenico Credendino e dalla Fondazione Carisal, che intorno al quadro ha inteso indire una specie di chiamata alle arti e “guardare”, così, ben oltre il quadro, angolando la sua visione da diversi punti, attraverso gli incontri con eminenti studiosi e la rassegna musicale, realizzata grazie all’esperienza ultra ventennale dell’Associazione de’ “I concerti d’Estate di Villa Guariglia”,  con la presenza forte di Antonia Willburger. Una rassegna iniziata a gennaio con l’ ensemble de’ La Burrasca, concerto per il quale si ha da ringraziare il direttore del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno Fulvio Artiano, dal titolo “Un viaggio in Europa”, realizzato dal trio composto da Mario Ricciardi ai flauti dolci, Sergio De Castris al violoncello barocco e Pierfrancesco Borrelli al clavicembalo, i quali hanno spaziato da Bach ad Haendel, da Platti a Bononcini con un’incursione anche nella musica popolare. Quindi, l’ “Amor omnia vincit”,  offerto dallo storico ensemble L’Antica Consonanza, che ha salutato Ermeneziano Lambiase al virginale, Guido Pagliano, viola da gamba e flauto, Raffaella Parrocchia violino e Gabriele Rosco, liuto e chitarra barocca, con ospite il soprano Renata Fusco, certamente il concerto più vicino ai tempi del pittore, per repertorio e strumentario, tra Caccini, Gastoldi, Negri, Felice Sances, Falconieri, Castaldi, Porsile, Monteverdi, Antonio Giramo; quindi, l’ensemble Salerno Classica, di Francesco D’Arcangelo per una riflessione sul tempo della Passione di Cristo, che ha ispirato il quadro, con un programma omaggio ad Alessandro Scarlatti e a Corelli, con protagonisti  Sergio Martinoli e Shaady Mucciolo al violino, Francesco D’Arcangelo al violoncello e Marianna Meroni al cembalo, i quali hanno ospitato il soprano Giulia Lepore e il contralto Cristina D’Alessandro, in questo evento realizzato  per celebrare anche i trecento anni dalla morte di uno dei fondatori della Scuola Musicale Napoletana, col suo Stabat in Do Minore, preceduto dal penetrante Arcangelo Corelli della Follia, splendidamente eseguito dal solista Sergio Martinoli. Legatissimi i due ultimi appuntamenti con l’evocazione, da parte del Controtenore Pasquale Auricchio in duo col clavicembalista Francesco Aliberti, in una performance sopra le righe, del sortilegio della voce dei celebrati castrati Ferri, Caffarelli, Farinelli, Senesino, fino al Velluti, riandando a quei tempi, attraverso arie di opere a loro dedicate da autori quali Monteverdi, Cavalli, Haendel, Hasse, Vivaldi, Vinci e Porpora, che a Napoli, si formarono, star che col loro canto hanno influenzato l’opera e la nostra scuola dei legni e di tutti i fiati, “voci” belle, capaci di passare dal pianissimo al forte e ritornare al piano su di una sola nota, e un virtuosismo “spinto”, leggendario, mai fine a se stesso. Venerdì sera,  la chiusura con i legni della Filarmonica Salernitana, Antonio Senatore e Mario Montani al flauto, Antonio Rufo all’oboe e Gaetano Varriale al fagotto. E’ noto che Salerno vanta una grande tradizione nella scuola dei fiati e, in particolare, degli “strumentini”. I nomi sono importanti e maestri e allievi, poi assurti alla cattedra del nostro conservatorio ne hanno mantenuto, il gusto, il suono, il virtuosismo, che proviene proprio dalla scuola napoletana, lirica e virtuosistica del canto dei castrati. Così è stato in questa serata, per la quale il Maestro Antonio Senatore ha allestito una “scaletta” particolare, in parte anche “sentimentale”, interamente dedicata alle sonate in trio, principiata con  la sesta sonata, dell’op.2 in Do minore per flauto, oboe e basso continuo, che è stato realizzato dal fagotto, di Jean Baptiste Loeillet, il Trio n°3 in Do maggiore per 2 flauti e basso continuo di Franz Anton Hoffmeister, il Trio Sonata in Sol minore per flauto, oboe e fagotto, di Antonio Vivaldi, e in chiusura, il Trio Sonata n°3 in Fa maggiore per 2 flauti e basso continuo di François Devienne. Sentimentale la scelta del programma, ha raccontato il Maestro Senatore, il quale in teatro ha sempre avuto al suo fianco esponenti della scuola di flauto salernitana, di cui appunto Mario Montani è erede,  poiché pagine eseguite, in particolare Loeillet e Vivaldi, insieme all’indimenticato Maestro e collega Domenico Giordano, con al fagotto Domenico Procida, il quale ha “diplomato” il talento innato, Gaetano Varriale. Un’ onda di suono la loro, che non s’interrompe da oltre un secolo, che viene da lontano, guarda al futuro e ritorna a guardare ad un passato luminoso, a qualsiasi formazione prendano parte e genere eseguano, fatta di grande ecletticità stilistica, sempre colta, con precisione sonatistica, efficace espressività di lettura e lungimirante piglio interpretativo di impianto classico, nonché un senso profondo del gusto e della musicalità , unito a quell’istintivo senso della “poesia”, che ha la sua radice greca in “poiein” “fare”, essendo la nostra scuola eterna bottega, non lontana da quella di Simone Peterzano, a sua volta “figlio” del Tiziano, dove imparò il Caravaggio l’arte, ove si è sempre studiato prima per imitazione, “come”, per poi giungere alla consapevolezza degli infiniti dubbi, “perché”, sulle tracce dell’Aristotele dell’Etica Nicomachea. Un’ interpretrazione, quindi, quella di questi quattro strumentisti, che ha avuto nella sobrietà e nell’attento controllo espressivo, uno dei punti di forza, ma che ha, allo stesso tempo, saputo congiungersi a quel gusto pronunciato per la giocosità e per l’ironia, giungendo a definire un equilibrio ideale per la resa della scrittura di questo impegnativo, di mai semplice tessitura, elegante Settecento musicale. Applausi scroscianti e bis con una trascrizione dell’allegro del concerto in La minore RV 108 di Antonio Vivaldi.

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Olga Chieffi

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