Sabato 21 ottobre, alle ore 18, riflettori al Ridotto del Teatro Comunale “V. Antonellini” de’ L’Aquila, per il taglio del nastro della 49° stagione dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese che ospita il pianista Giuseppe Albanese. A dirigere l’orchestra sarà il nuovo direttore musicale, l’aquilano Jacopo Sipari di Pescasseroli
di OLGA CHIEFFI
Tutto pronto per il concerto di inaugurazione della 49° stagione dei concerti dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese all’Aquila, in programma domani, sabato 21 ottobre, alle 18, al Ridotto del Teatro Comunale “V.
Antonellini”
Albanese – ha dichiarato il direttore artistico dell’Isa il violinista Ettore Pellegrino – un artista che torna all’Aquila e farà empatico binomio con un aquilano di valore internazionale, il M° Jacopo Sipari Di Pescasseroli, il quale salirà sul podio in veste di direttore musicale dell’ISA. Il M° Sipari tornerà poi, a novembre, nella direzione di Sacrum, un imponente concerto di musica sacra che sarà replicato nella Basilica dell’Ara Coeli di Roma”. “Questa nomina a direttore musicale da parte dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese – ha dichiarato il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli – va ben oltre l’emozione del momento. E’ un qualcosa di nostalgico che ravviva ricordi che si tingono di fanciullezza ed adolescenza. Venivo con i miei genitori sin da piccolissimo ai concerti ed ascoltare e “vedere” l’orchestra schierata, chè anche solo l’immagine delle sezioni resta un meraviglioso spettacolo, era la cosa più bella che potessi sperare di fare nel fine-settimana. Risentirò in quel momento il dire affabulante, di mio padre, le sue parole sui concerti, sull’orgoglio di ogni abruzzese per questa orchestra e il mio sogno da bambino di poterla dirigere un giorno. E’ tutto qui, siamo cresciuti insieme e in questo momento “pathisco”, vivo un istante infinito tra passato e futuro, che ci farà andare oltre” la pagina scritta. Una nomina è solo il porre un titolo, un nome, ad un sentimento”.
La serata intitolata dal nuovo mondo lega due autori accolti dagli U.S.A. Sergej Vasil’evič Rachmaninov e Antonin Dvoràk. Giuseppe Albanese si cimenterà col celeberrimo e funambolico Rach 2, il Concerto n. 2 in do minore per pianoforte e orchestra op. 18, composto tra l’autunno del 1900 e il mese d’aprile del 1901.Il primo movimento (Moderato), in forma-sonata, si apre con una parte introduttiva di grande suggestione, della quale protagonista indiscusso è il pianoforte con una serie di accordi in crescendo che conducono all’esposizione del primo tema affidato ai clarinetti, ai violini e alle viole. Questi strumenti sono accompagnati dal pianoforte analogamente a quanto si nota nell’esposizione del tema dell’introduzione del primo movimento del Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di Čajkovskij. Il secondo tema, in mi bemolle maggiore, secondo le regole della forma-sonata, ha un carattere cantabile ed è esposto inizialmente dal pianoforte impegnato in un efficace dialogo con i fiati. Dopo lo sviluppo, il cui punto culminante è raggiunto nel momento in cui viole e clarinetti rielaborano il secondo tema, accompagnati dal pianoforte che esegue dei pesanti accordi preparatori della ripresa, il primo tema è riesposto in un modo variato (Alla marcia). Affidato agli archi, il primo tema è accompagnato dal pianoforte con poderosi accordi e ottave. La ripresa del secondo tema è annunciata dalla cupa sonorità del corno. Non meno suggestivo e coinvolgente è il secondo movimento, Andante sostenuto, nel quale il compositore mise a nudo la sua anima con una scrittura melodica estremamente accorata; il primo tema, esposto dal flauto e dal clarinetto dopo una breve introduzione, presenta con il suo moto ascendente un carattere sognante e informa l’intero movimento. Anche il secondo motivo, esposto dal fagotto, non è nient’altro che una derivazione del primo. Il movimento, che dal punto di vista formale, si rifà alla forma della canzone tripartita, presenta nella parte conclusiva dello sviluppo una cadenza che introduce la ripresa e sfrutta tutte le possibilità timbriche del pianoforte. Il terzo movimento, Allegro scherzando, in forma-sonata, riflette perfettamente i sentimenti contrastanti che si alternano nell’anima del compositore. Dopo un’introduzione, quasi marziale, il pianoforte espone un tema accordale vigoroso che contrasta nettamente con il secondo, alla dominante, nostalgico e tormentato, affidato all’oboe. Il mare è certamente metafora di viaggio e Antonin Dvoràk affrontò la traversata del’ Atlantico per raggiungere l’ America, il Nuovo Mondo. La storia della Sinfonia n° 9 op.95, dal Nuovo Mondo, alla quale sarà dedicata la seconda parte della serata, è naturalmente una storia americana e parte da una donna. Non una donna qualsiasi, ma una signora di gran carattere, poco abituata a sentirsi dire di no. Fu lei, Jeanette Thurber, che nel giugno 1891 invitò Dvořák a New York per dirigere il National Conservatory of Music. Di forma sostanzialmente ottocentesca per stile e struttura, la sinfonia vive sia di elementi folclorici cechi sia di formule ritmiche e melodiche, derivate dalla tradizione americana. Infatti, nel primo movimento riecheggia il celebre spiritual “Swing low, sweet chariot”, mentre il secondo, con lo struggente tema del corno inglese, e il terzo, sono ispirati a un poema epico dei Pellirosse. In realtà di mondi ne intreccia almeno tre: quello scoperto con l’America, quello della Mitteleuropa e quello dell’antico Oriente. Il risultato è di grande “felicità” musicale, ben nota anche al grande pubblico. Il movimento più celebre della Sinfonia è il Largo, che si apre con un corale modulante degli ottoni seguito da una nostalgica melodia del corno inglese; tema ripreso alla fine del movimento, dopo un episodio dal carattere pastorale, introdotto da un disegno staccato dell’oboe, caratterizzato da un’amplificazione del tessuto orchestrale, nella quale si innesta ancora il tema ciclico. Questo movimento e il successivo Scherzo sono entrambi ispirati a un poemetto di Henry Longfellow, intitolato Song of Hiawatha, che Jeannette Thurber aveva donato al compositore: il Largo evoca i funerali della sposa dell’eroe; lo Scherzo richiama una danza di pellirosse nella foresta, che si trasforma in una musica piena di vitalità, costruita con una parte principale divisa in due episodi distinti, un doppio Trio, e una coda che ripresenta più volte il tema ciclico. La Sinfonia si conclude con il trascinante finale, Allegro con fuoco, che ricapitola i temi della Sinfonia, riproponendo il tema principale con la forza di una apoteosi, e che appare, nel suo sviluppo multiforme e nella duttilissima orchestrazione, come una perfetta sintesi delle componenti boeme, mitteleuropee e americane, del linguaggio sinfonico di Dvoràk.