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Fausto Alesi Rossi. voce regina

  • Ottobre 29, 2013
  • Olga Chieffi
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L’artista trionfa al teatro Ghirelli portando in scena “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo.

Quando si ascolta l’orchestra di Duke Ellington o si guarda la registrazione di una commedia di Eduardo De Filippo, a volte ingenuamente ci si chiede se quella partitura o quel copione sono ancora avvicinabili in qualche modo: se i più celebri brani di Ellington sono stati pensati per i suoi inarrivabili solisti, poi divenuti pagine di confronto per quanti vogliano approcciare la tradizione afro-americana, il carisma teatrale di Eduardo ha praticamente incendiato alcuni dei suoi personaggi, tra cui Luca Cupiello. Il teatro Ghirelli ha proposto nell’ultimo week-end il talento di Fausto Russo Alesi , attore della nuova generazione, senza dubbio uno dei migliori, nato nel collettivo della compagnia Atir e approdato al Piccolo Teatro, che ha “intonato” da solo Natale in casa Cupiello il più rappresentativo testo del teatro di Eduardo, riducendolo appunto a un assolo dove lui stesso, evoca tutti i personaggi. Una coraggiosissima sfida quella di Russo Alesi che rende un devoto omaggio al grande Eduardo mostrando quale sostanza viva e vitale, quale umanità, quale capacità di affrontare drammi di più generazioni vi siano nel testo edoardiano.  Su di una particolare scena di Marco Rossi, una piattaforma da lavori in corso, come a dire che non solo casa Cupiello, è alla deriva nella precarietà della vita, il solista sottolinea il clima realistico che scaturisce dal contrasto fra il crepuscolarismo e la vita (Luca Cupiello era un vecchio bambinone: considerava il mondo come un enorme giocattolo. Quando ha capito che con questo giocattolo ci doveva scherzare non più da bambino, ma da uomo…non ha potuto. L’uomo in Luca Cupiello non c’è, e …il bambino aveva vissuto già troppo). Il sogno inconfessato di Luca è di fermare il tempo, di avere i figli sempre piccoli; in realtà è lui che si proietta nei figli rimasti bambini. Il presepe è l’immagine che fissa per sempre Luca a uno stato fanciullesco, ma il gong e l’orologio da tasca ben evidenziati da Fausto Russo Alesi annunciano la morte. Morte che è una scelta psicosomatica che denuncia e proclama il rifiuto di Luca di crescere di assumere le sue responsabilità di padre di una figlia che vuole essere libera. Eduardo recupera nel terzo atto la figura forte del letto che campeggiava già nel primo atto. Il terzo salda il cerchio ribadendo una struttura ossessivamente eguale a se stessa. Luca, solo nel primo atto, Luca, solo nel terzo atto. Russo Alesi spalanca sotto gli occhi, attraverso le “voci” la vita materiale dei popolani e dei piccoli-borghesi, li situa non nei salotti buoni bensì nella concretezza sgraziata e impoetica delle camere da letto, che non si configurano per altro mai come spazio dell’eros. Il letto è a due piazze, ma i personaggi vivono in solitudine e i perfetta astinenza. Per Luca il letto è il luogo dove dormire o dove morire. Dormire e morire sono soltanto due modi diversi di sfuggire alla veglia, al reale, alla realtà rugosa dell’esistenza quotidiana. E’ possibile spingere più a fondo lo scavo? Elmetto in testa ed effetti speciali, Fausto Russo Alesi si cala in questo personaggio enigmatico e complesso di adulto-bambino, che fuori-esce in palcoscenico da un buco, forse il nostro personale sentire, il quale non tradisce la fedeltà alla propria infanzia, che preferisce morire, piuttosto che rinunciare al principio di piacere, che egli applica peraltro anche alla figlia. Applausi scroscianti per Russo Alesi e per il suo teatro d’avanguardia che sa guardare indietro, a quei fantasmi che ringrazia e supera,come, ad esempio nella rilettura del personaggio di Tommasino, e della sua fatidica lettera, che vuole “cambiare”, passando, però, nell’universo femminile. 

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Olga Chieffi

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