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Jacopo Sipari di Pescasseroli: “One O’Clock Jump”

  • Marzo 15, 2025
  • Olga Chieffi
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Il Maestro Amos Talmon chiama da Tel Aviv e il direttore abruzzese torna in Israele alla testa della Haifa Symphony Orchestra, per una performance che si terrà domenica 16 marzo alle ore 20 presso l’Herlzliya Center of performing Arts. In programma il I concerto per pianoforte di Johannes Brahms, con solista Alon Kariv e la V sinfonia di Ludwig Van Beethoven op.67

 Rubiamo il titolo di uno dei brani più celebri e distintivi della Count Basie orchestra “One O’Clock Jump”, per far da sottofondo al ritorno, dopo solo qualche settimana del Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, alla testa della Haifa Symphony Orchestra, in quel di Tel Aviv, per dirigere domenica 16 marzo, alle ore 20, presso l’ Herlzliya Center of Performing Arts, nell’ambito della XXI stagione sinfonica, il Johannes Brahms, del Piano concerto n°1, op.15, in Re minore, affidato al giovane e talentuoso pianista israeliano Alon Kariv e la sinfonia in Do minore op.67 n°5 di Ludwig van Beethoven. “Sono felice di ritornare quasi nell’ immediato – ha affermato il Maestro Jacopo Sipari –, su invito del Maestro Amos Talmon, per un programma molto particolare e che veste bene il mio sentire musicale. Sono molto legato al primo Concerto per pianoforte di Brahms, poiché segnò il ritorno post covid sul podio di una delle Orchestre più prestigiose d’Europa, the Athens State Orchestra, per un concerto al “Megaron” di Atene, con il pianista Titos Gouvelis quale solista, e ho piacere nel riproporlo poiché è come se fosse una grande sinfonia, in cui la massa orchestrale è più che partecipe. Si legge in partitura il segno brahmsiano e il percorso per giungere a questa intensità dell’autore, in particolare nel secondo movimento, tra le cose più pregnanti mai scritte. Nulla invece di più attuale e purtroppo, dopo oltre duecento anni dalla composizione. Abbiamo, noi uomini della fine, in questi tempi saturi, che stanno esaurendosi, bisogno di “sentire” dopo aver toccato con mano l’inesorabilità e la disillusione della vita, quel finale così dirompente e l’invito a sollevare sguardo e testa, guardando con fiducia ad un futuro stavolta probabile”. “L’esperienza di suonare con questa splendida orchestra – ha continuato il giovane pianista Alon Kariv – è stata fantastica. Ho imparato tanto dal Maestro Jacopo Sipari, su come approcciare la partitura di Brahms e la musica tutta. Confesso il mio leggero nervosismo, all’inizio della prova, ma ho subito avvertito di essere in ottime mani. Sono rimasto stupito dalla capacità del Maestro di mantenere l’attenzione dell’orchestra per l’intera prova. Mi sono sentito, così, libero di essere spontaneo, poiché so di essere magnificamente sostenuto sia dal direttore che dall’ orchestra”. “Appena abbiamo ricevuto notizie – ha concluso il Maestro Amos Talmon – che il direttore d’orchestra, al quale originariamente era stato affidato questo concerto si era ammalato, ho subito iniziato a pensare a tutte le possibili opzioni di sostituzione. La mia prima chiamata è stata al caro amico Jacopo: perché? Perché sapevo che avrebbe fatto di tutto per aiutarmi a risolvere il problema e perché solo poche settimane fa aveva entusiasmato il mio pubblico abbonato con una brillante esecuzione della Sinfonia n. 2 di Rachmaninov. Jacopo mi ha reso felice saltando letteralmente sul primo aereo possibile, per tornare a Tel Aviv e aggiungo che i musicisti della Haifa Symphony Orchestra sono stati entusiasti tornare a far musica con lui dopo sole poche settimane”. Programma impegnativo, quello scelto dal direttore artistico Talmon per la serata di domenica, che verrà inaugurata dal I concerto per pianoforte in Re minore op.15, di Johannes Brahms, con solista Alon Kariv. L’elemento chiave di questo problematico capolavoro, consiste nel contrasto  e nel lavoro per risolverlo tra l’adozione di uno schema classico e l’ambizione irrealizzabile di creare un modello alternativo, contraddizione insanabile nel 1857, ma che verrà risolta vent’anni dopo con il secondo concerto op.85. Tra gli elementi positivi del concerto a cui si deve il suo fascino, la risoluzione psicologica dello “Sturm und drang”, il superamento di quei blocchi, il coraggio di un giovane autore di 24 anni, nel passare oltre le sconfitte. Il ruolo assunto dall’orchestra, la dialettica, a volte ancora impari, fra questa e il solista (non per altro, la partitura fu ironicamente definita dai critici Sinfonia con pianoforte obbligato), fu una conquista destinata a lasciare grandi frutti. Col tempo, tuttavia, come spesso accade, l’opera è stata valutata per se stessa. E’ venuto  fuori, allora, per intero il suo altissimo valore artistico: la sua grandiosità architettonica e, ancor più, la sua generosità sul piano degli affetti, spazianti dalla monumentalità tragica del celebre tema d’apertura, alla dolcezza intima e malinconica alternata a momenti di sospensione estatica dello splendido Adagio, così tipicamente brahmsiano, fino all’entusiasmo liberatorio del rondò finale.  La seconda parte del programma sarà interamente dedicato all’esecuzione della V sinfonia in Do minore op.67 di Ludwig van Beethoven. È un Beethoven titanico, quello della Quinta. Ma è anche un Beethoven più asciutto e meno enfatico rispetto a quello dell’Eroica. La forma stessa è essenziale, senza espansioni retoriche, la coerenza interna rigorosa. I temi sono netti e concisi, come lo scarno inciso d’apertura, un motto di sole quattro note. Così si apre il primo movimento, l’Allegro con brio. Ancora sull’inciso “del destino” è fondato il primo tema, che percorre interamente la Sinfonia rendendola ulteriormente più solida ed unitaria. Proprio a questa estrema concentrazione tematica, a questa sobrietà di caratteri va ricondotta la grande efficacia espressiva che la Sinfonia in do minore esprime. Il primo tempo è forse la più perfetta applicazione della valenza tragica della tonalità di do minore, e della dialettica beethoveniana, basata sul contrasto di due idee, una veemente e una implorante; ma questa perfezione è dovuta innanzitutto alla configurazione icastica del tema – i celebri “tre più uno” colpi iniziali, esposti all’unisono – poi a una tecnica di elaborazione che fa percepire ogni dettaglio come logicamente consequenziale, necessario e imprescindibile; la seconda idea è solo un diversivo, nel fitto reticolato dell’elaborazione, che viene tuttavia interrotta da improvvisi silenzi e singole voci strumentali, dalla valenza angosciante ed interrogativa. In questo contesto l’Andante con moto, in la bemolle maggiore, non ha la semplice funzione di stemperare la tensione, ma piuttosto di mantenerla sempre sottesa; per questo il tema dei violoncelli che costituisce la tranquilla idea portante del movimento, cede più volte il passo ad una improvvisa accensione degli ottoni, che preannuncia l’esito di tanti conflitti. Con lo Scherzo si torna non solo alla tonalità minore iniziale, ma anche al medesimo inciso tematico, solo variato ritmicamente; è questo il movimento chiave per donare coerenza alla Sinfonia. Da una parte, infatti, il “motto” iniziale acquista, nella riproposizione, una valenza fatalistica (ma non bisogna dimenticare lo studio sul timbro, come il sibilo dei contrabbassi all’inizio, o il Trio contrastante, con entrate fugate); dall’altra parte il movimento sembra spegnersi nel nulla, con il “motto” sussurrato dai timpani, e sfocia invece in un episodio di transizione, tanto breve quanto decisivo, che congiunge direttamente i due ultimi tempi, attraverso un calibratissimo ed entusiasmante crescendo. Si approda dunque, col Finale, alla risoluzione di tutti i conflitti esposti, con una trionfale fanfara che è in realtà la conversione ottimistica dell’idea iniziale; non a caso, nella mirabile costruzione in forma sonata di questo finale, il secondo tema non è più, come nel primo tempo, in opposizione al primo, ma piuttosto complementare ad esso. L’unico momento di interruzione di questo entusiasmo consiste nella riapparizione di un frammento dello Scherzo, come ricordo delle ombre e delle sofferenze da cui sono venute le conquiste finali. Ma per sottolineare ancora la sapienza costruttiva di questo movimento, converrà riferirsi alla riesposizione, che ripropone il crescendo della transizione ma in forma abbreviata, per evitare la debolezza di una replica testuale, e ricordare l’energia propulsiva dei tantissimi accordi iterati delle ultime battute, sui quali grava il peso liberatorio non solo del movimento ma di tutta l’arcata evolutiva del capolavoro sinfonico.

 

Alon Kariv
Il Maestro Jacopo Sipari

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Olga Chieffi

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